Cloruro di sodio e alimentazione italiana

Autori/Authors : Pellati R.

Nonostante le numerose campagne di prevenzione per l’ipertensione arteriosa e l’ictus cerebrale (oltre al rischio di indurre altre patologie come i tumori dell’apparato digerente, l’osteoporosi e la malattia renale cronica) in Italia, come nel resto del mondo, si continua a consumare troppo sale.
Per sensibilizzare la popolazione ad una corretta assunzione del cloruro di sodio, è stata indetta dal 20 al 26 Marzo la Settimana Mondiale 2017del sale, dalla
WASH – World Action on Salt & Healthy, promossa in Italia dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) in collaborazione con la GIRCSI (Gruppo Intersocietario per la Riduzione del Consumo di Sodio in Italia). Quest’anno la campagna si è avvalsa (oltre ai poster e ai depliant) anche del questionario sul consumo di sale e l’aderenza alla dieta mediterranea, disponibile alla pagina “I Questionari SINU (http.//www.sinu.it/htm/pag/i-questionari-sinu.asp)”.
Si è calcolato che se si riducesse il consumo di sale nel mondo da 10 a 5 grammi al giorno, si avrebbe un calo del 23 % del rischio di ictus, pari a 1,2 milioni di morti, e del 17 % per le malattie cardiovascolari, pari a 3 milioni di morti.
I dati raccolti dal Ministero Italiano della Salute attraverso l’analisi delle urine, mostrano valori nella popolazione superiori a quelli massimi raccomandati in tutte le Regioni, con differenze minori al Nord e maggiori al Sud. Anche le persone ipertese mangiano troppo salato (10,1 grammi gli uomini e 8,1 grammi le donne) così come i bambini tra i 6 e 18 anni, con 7,4 g al giorno per i maschi, e 6,7 per le femmine. In genere solo il 5 % degli uomini e il 15 % delle donne sta sotto i limiti.
Gran parte del sale ingerito è contenuto in alimenti che acquistiamo già pronti come il pane e i prodotti da forno, cibi in scatola, formaggi e salumi, dadi da brodo, snack salati, cibi e pappe per i bambini patatine fritte. Per questo motivo la vera sfida non è limitata ai consumatori, ma anche all’industria alimentare per incoraggiare la ricerca a trovare nuove soluzioni per soddisfare il gusto. Molti cuochi, ancora oggi, sono generosi nell’impiego di sale per rendere i cibi più appetitosi, e chi è costretto a mangiare fuori casa è più esposto a un dosaggio eccessivo di cibi ricchi di sale.
La riduzione del consumo di sale nella dieta è difficile perché il consumo di cloruro di sodio è sempre stato il simbolo dell’energia vitale. Omero lo definì “divino”, Platone “sostanza cara agli dei”, Plinio il Vecchio diceva che “niente è più utile del sole e del sale”, Cassiodoro, politico e letterato romano del VI secolo d.C. ricordava che “si può fare a meno dell’oro, ma non del sale” perché un tempo si faceva la guerra per una sorgente di sale e gli dei amavano ricevere sale in offerta votiva.
Senza conoscere le dosi e le reali funzioni del sodio per l’organismo umano, l’uomo intuì l’essenzialità di questo elemento,osservando empiricamente che, quando non era disponibile, le condizioni di salute subivano gravi danni.
Nella tradizione cristiana il sale è simbolo di purezza e sapienza, e fino al Concilio Vaticano II durante il battesimo se ne poneva un granello tra le labbra del bambino per mondarlo dal peccato e arricchirlo di sapienza.
Nel volume “La storia di ciò che mangiamo” (Daniela Piazza Editore) si ricorda che il primo conservante dei cibi deperibili è il sale e a Bologna già nel XIV secolo esisteva  la Corporazione dei “salumieri” con una sezione speciale detta dei “salaroli”. Nell’antica Roma i lavoratori erano pagati con quote di sale (da cui deriva il termine “salario” ancora oggi in  uso, e la via “Salaria” serviva per il trasporto del sale dal mare Adriatico (più ricco) rispetto a quello Ligure, e in Italia il Monopolio dei Sali e dei Tabacchi” è stato smantellato solo nel 1975 ed era stato creato e mantenuto per tanti anni perché portava soldi allo Stato. Anche in Europa e nel mondo sono numerosi i riferimenti alle sorgenti saline: Salisburgo in Austria, Luneburg in Germania, Tuzla nella Bosnia (nella lingua turca significa sale).
Rivedendo la storia della gastronomia si comprendono le difficoltà che esistono nel raccomandare una riduzione nel consumo di sale.
 

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