Fragole: cosa dice la storia
Sovente sentiamo dire che le fragole di una volta erano migliori, più gustose, più fragranti (quelle di oggi sembrano gonfiate). In realtà oggi le fragole che troviamo dal fruttivendolo o al supermercato sono varietà geneticamente caratterizzate da frutti più grossi di quelli di una volta. Inoltre il contenuto in zuccheri diminuisce con l’aumentare delle dimensioni del frutto. E per avere un frutto più grande e consistente è necessario che le pareti delle sue cellule siano più spesse, con lo svantaggio di trattenere le molecole responsabili degli odori e dei sapori al loro interno. La fragola selvatica non esiste più, perché non può soddisfare le esigenze dei mercati odierni ortofrutticoli: la produzione italiana attuale è di 153.000 tonnellate e ne importiamo per circa 20 milioni di euro soprattutto dalla Spagna. Per il resto da Egitto, Israele e Turchia. Se oggi possiamo gustare questo gradevole frutto senza svuotare il nostro portafoglio, dobbiamo dire grazie ad un ufficiale del genio marittimo francese (Amèdèe Francois Frèzier) che nel 1712, cartografo e incaricato di mettere a punto il litorale cileno, notò una varietà di fragole dai grossi frutti bianchi (chiamata poi “Fragaria chiloensis”). Questa curiosa fragola venne importata in Francia e coltivata nei giardini di Versailles per dare lustro e piacere a Luigi XIV e alle golose cortigiane sino a quando il botanico Antoine Nicolas Duchesne nel 1766 riuscì a realizzare un incrocio fra la suddetta fragola e la “Fragaria virginiana” dai frutti piccoli e gustosi proveniente dalle colonie del Nord America. Questo incrocio diede i natali all’antenata della fragola coltivata oggi in tutti i continenti: la “Fragaria ananassa”. Queste curiose e interessanti notizie sono riprese dal volume appena uscito “La fragola” facente parte della Collana “Coltura e Cultura”, ideata e coordinata da Renzo Angelini per Bayer CropScience con la collaborazione di 64 docenti universitari di botanica, agraria, scienza dell’alimentazione, scienze ambientali. La fragola era già stata notata nel sottobosco dagli antichi romani ed è citata da Virgilio nelle “bucoliche” e nei secoli successivi troviamo frequentemente dei personaggi celebri che hanno avuto occasione di apprezzare questo frutto piacevole per forma, colore, sapore e consistenza. Il celebre botanico svedese Linneo era persuaso che una cura intensiva a base di fragole fosse responsabile della miracolosa guarigione da una cura di gotta che l’aveva colpito. Shakeaspeare definisce la fragola in questo modo «innocenza e fragranza sono i suoi nomi. Essa è un cibo da fate». Oggi la fragola è apprezzata non solo per il gusto e l’aroma che emana ma per la presenza di acido ellagico, un polifenolo ad attività antiossidante. Questo polifenolo n vitro ha dimostrato anche un’attività antitumorale riducendo la carcinogenesi. Poiché tutti i frutti contengono sostanze dotate di proprietà antiossidanti, è stato sviluppato un metodo per valutare tale attività (TAA o Totale Antioxidant Activity) e i risultati sono distribuiti su una piramide. Le fragole si trovano in cima a questa piramide insieme ai mirtilli, i cavoli verdi e le prugne nere. Le fragole si trovano in vetta anche alla scala ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity), quindi combattono i radicali liberi e aiutano a mantenerci giovani. Non è poco.