Vegetarianesimo: presente e passato

Autori/Authors : Pellati R.

Molte persone identificano la dieta vegetariana con un’alimentazione basata solo su insalate e ortaggi di vario tipo. Ovviamente non è così. Ci sono diete vegetariane permissive (ovo-latto-vegetariane), diete vegetariane restrittive, con totale esenzione di cibi di origine animale, come le diete “vegan”, termine che deriva dalla contrazione della parola inglese “vegetarian”, mentre l’analogo italiano sarebbe “vegetaliano”, dal latino “vegetalis”(utilizzano solo verdure, cereali, legumi, semi, frutta fresca e secca, alghe). Esistono poi anche i granivori (gruppo molto ristretto: mangiano solo cereali), i fruttariani (solo frutta fresca e secca), i crudisti (solo alimenti crudi, anche di origine animale), coloro che seguono la dieta macrobiotica. Quest’ultima è stata inventata dal giapponese George Ohsawa (dal greco “macros” che significa LA RIVISTA DI SCIENZA DELL’ALIMENTAZIONE, NUMERO 1, GENNAIO - MARZO 2011, ANNO 40 108 lungo, e “bios” che significa vita: quindi una dieta per assicurarsi una lunga vecchiaia) il quale sostiene l’ambivalenza di ogni cosa, di ogni stato d’animo. In altre parole, ogni cosa possiede due poli, chiamati rispettivamente yin e yang, che sono forze antagoniste e complementari: giornonotte, uomo-donna, guerra-pace, freddo-caldo, dolce-amaro. Chi sa equilibrare l’universo e la vita, raggiunge un grande equilibrio. Ohsawa era un filosofo, e non aveva nozioni di fisiologia, per cui ha elaborato una dieta basata sulla fantasia, pericolosa per la salute se protratta nel tempo. Disapprova l’impiego di pomodori, patate, melanzane e consiglia invece lattuga, verza, porri, rape e ceci. Approva il formaggio di capra e non lo yogurt. Permette il pesce, ma non le uova e il latte. La disciplina alimentare suggerita da Ohsawa è stata definita “un’accozzaglia di strani precetti“ e il Food Council dell’Associazione Medica americana ha preso ufficialmente un atteggiamento negativo a tale dieta, dopo alcuni casi di morte verificatisi tra i seguaci rigidi a tali indicazioni. La storia e l’evoluzione dell’uomo ci hanno dimostrato la grande flessibilità di adattamento dell’organismo umano nel modificare la propria alimentazione, in conseguenza del cambiamento delle esigenze, delle abitudini, del clima, delle necessità fisiche. I nostri antenati sono stati cacciatori e raccoglitori per almeno centomila anni e ottenevano le calorie necessarie alla vita quasi esclusivamente dalla carne. Successivamente, dopo la rivoluzione agricola (circa 10.000 anni fa), le granaglie diventarono il cibo principale del genere umano. Le vicende storiche sono state innumerevoli, comunque oggi concordemente le Società Scientifiche che si occupano di Nutrizione Umana affermano che, per una buona salute, l’alimentazione deve essere equilibrata nell’apporto dei vari principi nutritivi conosciuti utilizzando cibi provenienti sia dal mondo vegetale che animale, ad opportune dosi. La fisiologia della nutrizione ci ha insegnato che l’uomo è onnivoro, perché dotato di parti anatomiche adatte a raccogliere, addentare, masticare i cibi di origine animale, ma nello stesso tempo ha una lunghezza dell’intestino 7-10 volte maggiore rispetto alla statura corporea, che è un rapporto più simile a quella degli erbivori (12-18 volte) che a quella dei carnivori (4 volte). La lunghezza del tubo digerente, nel regno animale, è generalmente proporzionale alla quantità di fibre vegetali presenti nella dieta. I vegetariani integralisti ritengono che l’uso della carne sia nocivo; contro questa opinione si potrebbe far notare che se il cibo animale fosse dannoso, l’uomo non possiederebbe nel suo organismo i meccanismi per digerire i cibi carnei. Va detto chiaramente che si può vivere al meglio da latto-ovo-vegetariani o da onnivori (si può salire in entrambi i casi sul podio olimpico e aspirare alla longevità), però la scelta esclusivamente vegetariana non può essere ritenuta scientificamente valida in tutti i casi. Scrive Eugenio Del Toma, presidente onorario dell’ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica): «La riscoperta dei cibi vegetali ha il pregio di riequilibrare un’alimentazione dove le carni, gli insaccati, i formaggi, i sughi elaborati, i tortelli e i ravioli, i dolciumi e tanti altri cibi ipercalorici occupano ormai quasi tutto lo spazio nutrizionale a spese di molte varietà di verdure e di frutta». Nell’ambito pediatrico scrive Marcello Giovannini, direttore della Clinica Pediatrica dell’Ospedale San Paolo (Università di Milano): «I bambini che seguono una dieta vegetariana hanno un elevato rischio di deficit nutrizionale con possibilità di ritardo di crescita staturo-ponderale e ritardo di sviluppo psicomotorio. Anche durante l’allattamento, in caso di madre vegetariana senza adeguata supplementazione, aumenta il rischio di danno cognitivo nel neonato soprattutto se la dieta priva di alimenti di origine animale prosegue anche con il divezzamento» .

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