Anno 42/Numero 4

L'aiuto dei giovani

Come faremo ad alimentare il mondo nel 2050 con 9 miliardi di persone ? La risposta è rivolta ai giovani, perché saranno loro i futuri protagonisti delle novità e dei cambiamenti. Per questo motivo il BCFN ha promosso un bando internazionale (definito YES – Young Earth Solutions) per avere idee originali e realizzabili nel campo della sostenibilità agroalimentare. Le 10 idee finaliste sono frutto del lavoro di squadra provenienti da Italia, Bangladesh, Taiwan, India, Indonesia, Nepal, Stati Uniti, Canadà. A titolo di esempio riportiamo 2 idee provenienti dall’Italia e una dagli Stati Uniti: 1)** (Maurizio Garrione, Alessandro Cicerale, Simone Racca) : Un diario e un gioco dove registrare i propri sprechi. Le scuole potranno utilizzarlo per sensibilizzare i giovani e le autorità per avere la misura del problema. 2)** (Giulia Del Bosco, Francesca Cofini): Sovvertire le stime annuali di cibo sprecato ? Si può recuperando gli avanzi e stimolando una rete di consegna porta a porta del cibo in eccesso. 3)** (Zacary Dashner, Nicholas Talken, Rèmy Moens): Consumare più insetti ricchi di nutrienti e meno bisognosi di acqua e foraggio, ridurrà i problemi legati alla sostenibilità dell’allevamento tradizionale. Per conoscere altre idee finaliste: cliccare www.bcfnyes.com L’Expo 2015 è la giusta occasione per lanciare da Milano un trattato internazionale per il diritto al cibo, per la tutela delle varietà tradizionali e dei diritti delle agricolture tradizionali, davvero sostenibile, come accadde nel 1992 con la Convenzione di Rio De Janeiro, per la lotta ai cambiamenti climatici.
 

Risparmiare acqua

Abbiamo un’agricoltura con elevato dispendio di acqua, mentre oggi ci sono tecnologie che permettono di bilanciarne il consumo e di diminuire la dispersione durante l’irrigazione. Numerose persone non sanno di quanta acqua c’è bisogno per produrre il cibo: sanno quanta acqua hanno bisogno per bere, ma non quanta è stata necessaria per coltivare i vegetali necessari per produrre i mangimi, allevare gli animali e renderli disponibili al consumo. L’acqua è una risorsa naturale unica e preziosa e solo il 10 % viene utilizzata in casa e nelle industrie: il 90 % delle risorse idriche sono impiegate nella filiera alimentare. Molta di questa acqua non destinata al cibo può essere riutilizzata. Oggi siano di fronte ad una vera e propria emergenza dell’acqua: il riscaldamento globale, l’inquinamento di alcuni bacini, i livelli insostenibili di utilizzo delle risorse idriche e il problema degli sprechi stanno amplificando l’allarme. Al momento, il cibo che coltiviamo e che va perduto o sprecato ogni anno (si aggira intorno ad un valore di 750 miliardi di dollari), è responsabile dell’11 % delle emissioni globali di CO2 e consuma l’acqua che potrebbe riempire tre volte il lago di Ginevra. E tutto ciò avviene mentre ancora oggi, ogni 6 secondi, muore un bambino per malnutrizione. Per risolvere alcuni problemi del Pianeta occorre un profondo cambiamento della nostra coscienza e del nostro stile di vita. Come possiamo sconfiggere l’anonimato da cui è contraddistinto il cibo nel mondo moderno, in cui è stato globalizzato e scollegato da salute e tradizione ? Come possiamo riattribuirgli il valore perduto ? Gli organismi locali e regionali e i loro governi devono capire i vantaggi che le tradizioni esistenti possono avere nel promuovere la sostenibilità, riscoprire i rituali associati al cibo e comprendere la loro reale influenza sulla quotidianità. Si può cominciare da cose semplici, come dal ricordare che la tavola che ognuno di noi ha in cucina è il posto giusto per mangiare “insieme”, mentre in molti Pesi non lo si fa più. Oggi sappiamo che la maggior parte degli stili alimentari che ha solide radici nella terra, nel mondo della campagna, attaccato alle sue tradizioni, hanno maggiori potenzialità di essere sostenibili e sani. In questo contesto la riscoperta dell’alimentazione mediterranea tradizionale rappresenta il ritrovamento delle nostre radici, sia dal punto di vista gastronomico, sia culturale, e segna il recupero di uno stile di vita associato a longevità e buona salute. Nel 2010 la spesa per la sanità (113,5 miliardi di euro) era pari al 7,3 % del Pil. Nel 2050 la percentuale sul Pil salirà al 9,7 %. Questo, se ci si basa sull’ipotesi che il quadro epidemiologico non cambi. Il fatto è che non sarà così, perché le persone obese e in sovrappeso sono destinate ad aumentare, in Italia più che in altri Paesi europei. A causa delle conseguenze dell’obesità (malattie cardiovascolari, diabete, alcuni tumori) si ipotizza che il costo sanitario di una persona adulta obesa sia in media 1.400 euro superiore rispetto alla media pro-capite.

Sole, sale, vento e fuoco

La conservazione degli alimenti è stata sin dall’inizio una delle risorse fondamentali per la sopravvivenza dell’uomo che ha subito imparato a sfruttare gli elementi naturali.                          Sole, Sale, Vento, Fuoco, è il titolo del libro (edito da Cierre – www.cierrenet.it  246 pgg - euro 16) scritto da Carlo Giuseppe Valli, docente e consulente di marketing e di comunicazione, membro del Centro Studi dell’Accademia Italiana della Cucina  e del direttivo dell’Associazione Stampa Alimentare. Da necessità di sopravvivenza a ghiottoneria il passo è abbastanza breve, e con il passare dei secoli le conserve hanno avuto una collocazione diversa nell’alimentazione umana, grazie anche alla scoperta di nuove tecniche che possono trasformare un cibo conservato in un piatto sfizioso come il caviale, il pesce in carpione, le carni salate, i canditi, le mostarde, le marmellate. E poi ci sono prodotti di inestimabile valore nutrizionale come i surgelati. Un mondo, quello delle conserve, che si è evoluto con l’uomo ed ha una storia che affascina proprio per questi continui miglioramenti che l’autore, esperto storico gastronomico, ha sviluppato e approfondito con dovizia di interessanti e documentati particolari.
 La prefazione è di Gualtiero Marchesi.

False diete e libro bianco

L’Associazione Nazionale Dietisti ( ANDID – Presidente: Giovanna Cecchetto) ha presentato al Ministro della Salute il “Libro Bianco” nel Corso del Convegno “Formazione e bisogni di salute in collaborazione con il Coordinamento Nazionale delle Professioni Sanitarie – Conaps “ per dare un aiuto alla regolamentazione dei corsi di specializzazione che, in alcuni casi, nulla hanno a che fare con il mondo della nutrizione e dell’area sanitaria. Ci sono “titoli” che promettono competenze nell’elaborazione e prescrizione di diete anche per malati e pazienti e che portano ad un uso indiscriminato del termine “ nutrizionista”.
Dal “ Libro Bianco “ emerge l’eterogeneità degli accessi ai “master”, aperti contemporaneamente a laureati con provenienze formative e ambiti professionali molto diversi tra loro e molti dei quali senza competenze di base in ambito nutrizionale e sanitario (Biotecnologie, Scienze motorie, Chimica, Agraria, Scienze forestali, Scienze della comunicazione, dell’educazione). I rischi della carenza selettiva rischia di trasmettere ed alimentare una visione (purtroppo ancora molto diffusa) di stampo semplicistico e scientificamente inappropriato. Questi rischi vanno a scapito della qualità e dell’efficienza formativa raccomandata dal Consiglio d’Europa.

Omega-6 e Omega-3 nella prevenzione cardiovascolare

Il periodico “Farmacista 33” segnala che entrambe le principali classi di acidi grassi polinsaturi (omega-3 e omega-6) sono associate a una significativa riduzione del rischio coronarico; cadrebbe così l’ipotesi che l’apporto corretto di questi acidi grassi debba essere calcolato con l’obiettivo di tenere il più basso possibile il rapporto omega-6/omega-3.
Questo è il risultato principale dello studio Age-IM ( Acidi Grassi Essenziali e Infarto Miocardico) pubblicato su “ Atherosclerosis “ e condotto da NFI (Nutrition Foundation of Italy) con la collaborazione di 5 Unità di Terapia Intensiva Coronarica distribuite nel territorio nazionale (Bologna, Cremona, Ancona, Napoli, Palermo).
Franca Marangoni, di NFI,  primo autore dell’articolo, dice che grazie a una tecnica messa a punto a Milano è stata misurata la concentrazione degli acidi grassi essenziali direttamente sul sangue intero. “ Ciò ha permesso una determinazione precisa della loro quantità, che riflette in modo accurato sia l’apporto alimentare, sia la capacità individuale di metabolizzare tali sostanze. Una precisazione ben difficilmente ottenibile con gli studi basati sulla raccolta di informazioni alimentari dai pazienti”.
Tali misurazioni sono state eseguite in uno studio caso-controllo, su 100 soggetti giovani, al primo infarto, non ipercolesterolemici né con pregresso trattamento con statine, e su 100 controlli.
Andrea Poli coordinatore del progetto suddetto e Direttore della NFI, precisa che, combinando i dati di casi e controlli, è emerso che i livelli ematici più elevati di omega-6 (come l’acido linoleico)  e omega-3 (soprattutto acido alfa-linolenico) si associano ad una drastica riduzione della probabilità di subire un infarto rispettivamente  del - 85 % e - 65 %.
Ricadute principali ?
“Bisogna probabilmente rivalutare, in prevenzione cardiovascolare sia primaria che secondaria, un adeguato apporto di alimenti ricchi sia di omega-6 (olio di semi e frutta secca), sia di omega-3 (noci, verdura in foglia, pesci).
Andrea Poli sottolinea che il consumo di polinsaturi totali in Italia è storicamente basso, intorno al 4 % delle calorie totali introdotte, contro il 6 – 10 % delle raccomandazione internazionali e i dati dello studio Age-IM  confermerebbero questa carenza.

Glucosio e attività mentale

L’esagerato consumo di saccarosio verificato in determinate fasce sociali (in particolare: bevande dolcificate nei giovani) ha stimolato le istituzioni a porre freno a questa situazione in considerazione soprattutto all’elevata percentuale di soggetti obesi e in sovrappeso. Contemporaneamente però ci sono soggetti che, per combattere l’obesità, si sottopongono a diete squilibrate, al digiuno e al semidigiuno  senza controllo medico. A questo proposito vale la pena tener presente l’importanza del glucosio per un’ottimale funzione delle attività cerebrali.
L’European Food Information Council (Eufic) segnala che, il mantenimento di livelli ematici di glucosio ad un tasso ottimale, è utile per mantenere buone funzioni cognitive soprattutto per prove mentalmente impegnative. Il cervello umano infatti è costituito da una fitta rete di neuroni che sono attive costantemente, anche durante il sonno. Per ottenere l’energia necessaria per sostenere questa attività, il cervello dipende da una fornitura continua di glucosio da parte del sangue. Una dieta equilibrata dovrebbe infatti fornire il 45-60 % dell’energia totale tramite i carboidrati. Di conseguenza un adulto normopeso richiede circa 200 g di glucosio al giorno, due terzi dei quali (130 g) è specificatamente richiesto dal cervello per coprire il suo fabbisogno di glucosio.
Il cervello compete con il resto del corpo per l’utilizzo del glucosio quando i livelli scendono molto, ad esempio in caso di inedia. In queste condizioni, controllando con precisione il proprio consumo di glucosio, il cervello può mantenere il suo alto livello di attività. Questo viene effettuato tramite due meccanismi: primo, prelevando il glucosio direttamente dal sangue quando le sue cellule hanno poca energia; secondo, limitando la quantità di glucosio disponibile al resto del corpo rendendolo più utilizzabile per il cervello.                                                                                 Questi meccanismi sono essenziali per la sopravvivenza. A differenza dei muscoli (cuore compreso) e del fegato, il cervello non può utilizzare direttamente gli acidi grassi come carburanti.
Nonostante questa sofisticata regolazione, cali rapidi nella disponibilità di glucosio possono alterare diverse funzioni cognitive come l’attenzione, la memoria e l’apprendimento.
Studi sul glucosio hanno dimostrato come la somministrazione di questo zucchero può migliorare il funzionamento cognitivo (in particolare la memoria a breve termine e l’attenzione). Nella maggior parte di questi studi, i ricercatori danno ai partecipanti una quantità stabilita di glucosio da bere. Uno studio di Sunram-Lea e coll. ha rilevato che una  bevanda a base di glucosio ha migliorato significativamente la memoria verbale  e la memoria spaziale a lungo termine nei giovani. L’effetto era simile, sia che la bevanda venisse consumata dopo un digiuno notturno, un digiuno di due ore dopo la colazione o un digiuno di due ore dopo pranzo. In modo simile Riby e coll. hanno scoperto che il glucosio aumenta la memoria.
Le prove mentali più impegnative sembrano rispondere meglio al glucosio rispetto alle prove più semplici. Questo può dipendere dal fatto che l’apporto di glucosio aumenta in condizioni di stress moderato (come avviene nelle prove mentali impegnative).
Dato che il cervello è sensibile a cali a breve termine nei livelli ematici di glucosio, potrebbe essere di beneficio mantenere livelli ematici adeguati di zucchero.
Di conseguenza, per mantenere le funzioni cognitive ad ottimi livelli, è necessario praticare pasti regolari e numerosi studi hanno dimostrato che la prima colazione può aiutare a migliorare le performance mentali amplificando la capacità nelle
prove correlate alla memoria e all’attenzione.
Il cervello è un organo molto attivo che si affida al glucosio per un funzionamento ottimale. Il glucosio deriva direttamente sia da alimenti e bevande contenenti carboidrati, sia dall’organismo da fonti diverse dai carboidrati, però con meccanismi metabolici piuttosto complessi.

Energy drink

I nutrizionisti che si occupano di Educazione Alimentare rivolta ai giovani devono tener presente che “Energy drink” non è sinonimo di “Sport Drink”, termine con il quale si indica un integratore  ricco di sali minerali e carboidrati quindi finalizzato a reintegrare le perdite idrosaline dovute all’attività fisica.                                    “Energy drink” sono bevande non alcoliche, ricche di zuccheri, aromi, a volte vitamine e sali minerali: quasi sempre sono presenti  diverse sostanze stimolanti come caffeina, taurina, glucuronolattone, e a volte guaranà e ginseng. L’effetto negativo di tali bevande è il dosaggio dei loro componenti che, se confrontato con quello introdotto con gli alimenti, rappresenta di fatto un “superdosaggio”.Infatti dosi elevate di caffeina, soprattutto nei più giovani possono interferire con l’attività del sistema nervoso (irritabilità, agitazione, irrequietezza, e in alcuni casi tachicardia, ipertensione, insonnia) così come l’alta percentuale di saccarosio favorisce la predisposizione al sovrappeso e all’obesità, erosione dentaria e carie. In genere le lattine contengono saccarosio al 10 %, quindi consumando 500 ml di tali bevande si ingerisce circa 50° g di zucchero, pari a 13 cucchiaini.
Gli sportivi che assumono bevande energetiche prima di uno sforzo fisico prolungato devono tener presente  che l’attività diuretica della caffeina può peggiorare lo stato di disidratazione dovuto alla perdita di liquidi con il sudore, nonché la possibilità che insorga una sindrome da astinenza tale da compromettere la prestazione. L’aminoacido taurina viene aggiunto per migliorare la capacità durante gli esercizi fisici e diminuire i danni alle cellule muscolari (le sue azioni però non sono state dimostrate scientificamente), ma soprattutto per potenziare gli effetti della caffeina.
Il principale rischio infatti è rappresentato dall’assunzione contemporanea di energy drink e alcool. Questa miscela nasce dall’illusione di combattere gli effetti sedativi dell’alcool con gli energy drink, non tenendo presente che la fatica e la sonnolenza provocati dall’alcool sono solo attenuati. La concentrazione ematica di alcool rimane invariata, e il consumatore, non avvertendo i sintomi dell’ebbrezza, continua a bere mettendosi ancor più in pericolo.
Un’indagine dell’Università del Michigam pubblicata dal Journal of Adolescent Health su 779 studenti universitari ha rilevato che gli studenti che consumavano più energy drink erano anche quelli con un maggior consumo di alcoolici con tutte le conseguenze negative correlate. Gli studenti tendono a bere di più e a intossicarsi maggiormente nei giorni in cui usano energy drink e alcool rispetto a quelli in cui bevono alcool da solo.
Le suddette bevande sono sconsigliate a determinate tipologie di consumatori tra cui
i bambini, le donne in gravidanza, i soggetti affetti da problemi cardiovascolari, ipertensione, sovrappeso e obesità.

L'intero mondo degli agrumi

Nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Catania è stato presentato il volume “Gli Agrumi” della Collana “Coltura e Cultura” di Bayer CropScience, articolato in più di 50 capitoli (curati da docenti qualificati nell’ambito nazionale) e coordinato dai Georgofili Eugenio Tribolato e Paolo Inglese del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie del suddetto ateneo. Si tratta di 582 pagine arricchite di un’ampia documentazione fotografica e originali quadri riassuntivi.
Il volume affronta temi classici come quelli della botanica, del vivaismo, concimazione, parassiti, essenze e derivati, malattie fungine e alterazioni non parassitarie, parametri di qualità, miglioramento genetico, il mondo e il mercato nazionale di qualità, i mercati internazionali dotati di forti e specifiche caratteristiche.
Per gli Specialisti in Scienza dell’Alimentazione sono molto importanti i capitoli dedicati agli aspetti nutrizionali (vitamine, oligoelementi, antocianine, flavonoidi, terpenoidi e triterpeni, le analisi sensoriali, i componenti volatili, l’utilizzo nell’arte culinaria). I capitoli su storia e arte, alimentazione, gastronomia e paesaggio sono ricchi di informazioni a volte poco conosciute al di fuori dal mondo degli esperti del settore.
Importante lo spazio dato anche a vere eccellenze dell’agrumicoltura italiana, quali certamente sono il bergamotto e il cedro, oltre ai veri e propri tesori rappresentati dalle DOP e dalle IGP: le arance rosse concentrate della Piana di Catania, i limoni di Siracusa e della Costiera Amalfitana, le arance bionde del Gargano. Citiamo anche il mandarino della Conca d’oro palermitana e le clementine che hanno cambiato il volto della piana di Sibari e dell’arco ionico tarantino.
Il mondo degli Agrumi è talmente vasto e articolato che ogni suo aspetto, culturale e colturale, potrebbe essere, da solo, oggetto di un intero volume.

Circonferenza addominale

E’ stato assodato che il grasso addominale, o viscerale (così chiamato perché circonda gli organi interni) è un indicatore di rischio anche nella popolazione pediatrica: può essere facilmente calcolato con la formula “ circonferenza in cm diviso altezza in cm”. Se il risultato è 0,5 (o maggiore) indica la presenza di obesità viscerale anche nei bambini di peso normale.
Al recente Congresso Mondiale di Endocrinologia Pediatrica svoltosi a Milano, Francesco Chiarelli, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Chieti e Presidente della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica, ha ricordato che, durante i primi 10 anni di vita, il contenuto lipidico delle cellule adipose viene completamente rinnovato più di 6 volte. Ma nelle cellule degli obesi questo turnover è alterato e rallentato. In presenza di un introito calorico elevato le cellule adipose vanno incontro ad una iperplasia e ipertrofia per adattarsi alla richiesta di stoccaggio dei trigliceridi.
Un eccessivo introito calorico determina anche una rapida espansione delle cellule adipose, una ipossia acuta del tessuto e una alterazione dei fattori protettivi come le “adiponectine”. Qeste alterazioni se persistono determinano una maggiore sensibilità all’insulina, una infiammazione cronica dei tessuti e anche la morte delle cellule.
La circonferenza addominale è quindi un affidabile indicatore anche della sensibilità all’insulina che a sua volta è fattore di rischio per l’insorgenza del diabete. Un risultato della circonferenza addominale intorno allo 0,5 deve indurre controlli ulteriori perché rappresenta un campanello d’allarme. La definizione di sovrappeso solitamente è sottovalutata: è preferibile chiamarla “pre-obesità”, per richiamare uno dei principali problemi sanitari dell’infanzia. Inoltre l’obesità ha un ruolo importante nel “timing” della pubertà, nel senso che può indurre una accelerazione dell’età ossea ed una tendenza all’anticipazione del tempo della pubertà.
Secondo Francesco Chiarelli, il BMI (Body Mass Index) è un calcolo inadatto alla popolazione pediatrica perché non fornisce un’indicazione della massa grassa intra-addominale. Esiste una relazione diretta tra grasso viscerale e infiammazione sistemica. In condizioni di stress infatti le cellule adipose secernono elevate quantità di molecole pro-infiammatorie come l’interleuchina 6 e il TNF-alfa. L’aumento eccessivo di dimensione della cellula porta alla sua morte, a questo punto intervengono i macrofagi del sistema immunitario che attivano una reazione locale infiammatoria. Se l’eccesso di peso persiste, questo meccanismo diventa cronico, e apre la strada ad una lunga serie di patologie tipiche dell’età adulta, dalla steatosi epatica alla sindrome metabolica.
Combattere il sovrappeso e l’obesità infantile sono quindi importanti obiettivi di salute pubblica per contrastare una generazione di giovani adulti malati cronici.
Le statistiche promosse dal Ministero della Salute rivelano che il 22,1 % dei bambini è in sovrappeso e il 10,2 % presenta condizioni di obesità, con percentuali più alte nelle regioni del Centro e del Sud Italia.

I futuri problemi dell'alimentazione

Al quinto Forum Internazionale B.C.F.N. (Barilla Center for Food & Nutrition) che si è tenuto all’Università Bocconi di Milano sono stati discussi i grandi paradossi mondiali dell’alimentazione, facendo appello ai leader mondiali delle istituzioni e delle organizzazioni dei vari Paesi per ottenere aiuti a risolvere alcuni problemi di enorme importanza. Com’è possibile che nel XXI secolo continuiamo a sprecare ingenti quantità di cibo, mentre circa un miliardo di persone muore di fame ogni anno ? Com’è possibile che la produzione di biocarburanti e mangimi abbia preso il sopravvento rispetto all’utilizzo della terra e dell’acqua per le coltivazioni di cibo per l’uomo ? Come può il mondo assistere inerme all’aumento incessante dell’obesità ed essere contemporaneamente afflitto dalla piaga della denutrizione ? L’Expo 2015 di Milano si avvicina, e questo avvenimento che avrà come tema “Nutrire il pianeta” rappresenta un’opportunità unica per avviare un processo di riforme e per affrontare con decisione gli scandali della fame e della sete, dell’obesità e dello sfruttamento indiscriminato delle nostre risorse naturali. Oggi che i Paesi sviluppati, e anche alcuni in via di sviluppo, sono gli stessi che producono e acquistano alimenti in quantità che non potranno mai consumare (lasciando altre persone afflitte dal malnutrizione) risulta chiaro che non esiste più un solo sviluppo economico, ma una società globale che deve comprendere la necessità di riequilibrare le risorse a disposizione del Pianeta, e per rispettare il Pianeta si potrebbe cominciare a ridurre lo spreco alimentare che raggiunge, ogni anno, 1,3 miliardi di tonnellate. Fra le pareti domestiche buttiamo via yogurt e mozzarelle scaduti, il pane secco, patate che hanno germogliato, farina che si pensava di utilizzare per fare la pasta in casa, fette di prosciutto dimenticato latte scaduto, bibite gassate inutilizzate. Altri esempi vengono dal settore della distribuzione dove ogni anno vengono buttate via 270.776 tonnellate di prodotti alimentari che sarebbero perfettamente consumabili. Il tema dello spreco in generale è legato a due momenti: lungo la filiera e quello finale degli individui. Ci sono studi che ci dicono che la produzione attuale di prodotti alimentari sarebbe sufficiente per avere 4.000 calorie a testa al giorno, vale a dire il doppio del necessario, ma a causa di inefficienze e di perdite attualmente ne arrivano poco più di duemila.

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