Consumo alimentare di insetti
Per consentire nei prossimi anni un adeguato rifornimento di proteine nel mondo intero, la FAO ha individuato 3 interventi urgenti per avviare l’utilizzo degli insetti: a) far accrescere nella società la consapevolezza del problema ; b) educare le nuove generazioni a rendere accettabile ciò che oggi non lo è ; c) approfondire le conoscenze (attraverso progetti di ricerca scientifica ed esperimenti pilota) dato che si tratta di un intero mondo zootecnico parallelo e sino ad oggi inesplorato. Il periodico Eurocarni riporta l’intervento del senior officer della FAO Paul Vantomme all’edizione 2013 della “Convention-Sicura” di Modena nel corso del seminario “Il cibo degli altri”.
Ci sono ben 3 buone ragioni per utilizzare gli insetti nella produzione di cibo e mangime: a) fanno bene alla salute (caratteristiche nutrizionali simili al pesce);b) fanno bene alla salute del pianeta (richiedono meno terreno e meno acqua); c) rappresentano un’opportunità economica (possono essere allevati in ogni clima e in ogni luogo). Il nostro pianeta fra pochi anni sarà popolato da 10 miliardi di abitanti, e non sarà nell’hamburger o nel tonno la risposta ai fabbisogni proteici della popolazione mondiale, a meno che non si voglia far collassare l’ecosistema. Gli insetti hanno contenuti proteici anche doppi rispetto alla fettina di vitello e, a parità di peso, richiedono utilizzi fino a 100 volte inferiori di suolo e di acqua. Si ritiene che nel mondo oggi esistano 1900 specie di insetti ritenuti commestibili.
Fra i vari problemi che esistono per attuare tali proposte, bisogna affrontare la questione legata alle legislazioni, dato che occorre inserire gli insetti nelle normative che si occupano di cibo e mangime e precisare quali sono gli insetti commestibili. Occorre definire gli standard di sicurezza, la regolamentazione delle etichette e della catena di distribuzione.
Indubbiamente l’incremento ponderale degli insetti è notevole: nel caso del grillo, con 1 Kg di alimento aumentano di 590 g il loro peso vivo, di cui 470 g in porzione edibile (l’incremento del suino sin aggira sui 200 g). Il motivo deriva dal fatto che gli insetti sono animali omeotermi e quindi non necessitano di destinare buona parte del cibo per mantenere costante la loro temperatura corporea. Inoltre va segnalata la minor produzione di CO2 e quindi si ottiene una riduzione delle emissioni di gas serra.
Alcune ricette a base di insetti sono già conosciute nelle cucine tradizionali degli altri continenti. Nel Ghana le termiti vengono cucinate fritte e inserite nei panini, in Sud Africa le termiti si utilizzano nel porridge di mais, nel Centro Africa durante la stagione delle piogge si mangiano i bruchi, in Messico si può trovare i tacos accompagnati da cavallette speziate, in Asia l’imperatore del Giappone Hirohito apprezza il riso cotto con le vespe croccanti, in Indonesia gustano le libellule allo zenzero bollite nel latte di cocco.
Per noi occidentali l’ostacolo maggiore è rappresentato dal “disgusto” e sarà necessario organizzare degli eventi, educare le nuove generazioni, per rendere accettabile ciò che oggi non lo è. L’entomofagia è solo un fatto culturale, sottolinea Mauro Ferri, medico veterinario dell’Asl di Modena. Infatti già consumiamo insetti, come il “casu marzu (formaggio sardo ai vermi) e “l’alchermes” della zuppa inglese (colorato con estratti di Dactylopius coccus). A pensarci bene in passato si sono già verificati situazioni del genere. Pensiamo alla patata che dopo la scoperta dell’America, per circa 3 secoli non è stata utilizzata dagli Europei (anche se la fame era endemica e si verificavano carestie) perchè era sporca, brutta, nasceva e si sviluppava sotto terra, dove c’erano gli influssi del “diavolo” (!!!). Oggi in Belgio il consumo annuo è di circa 200 Kg pro-capite. Anche il pomodoro che riteniamo indispensabile per condire gli spaghetti e preparare la pizza, dopo l’arrivo in Europa del XIV secolo, per due secoli non è stato utilizzato, ed è entrato da poco in cucina. Fino al 1800 si teneva in casa come pianta ornamentale e la pizza Margherita che ormai si legge su tutti i menù è stata confezionata per la prima volta solamente nel 1880 per rendere omaggio alla Regina Margherita in occasione della sua visita a Napoli con il consorte Umberto I.
La FAO sottolinea la necessità di creare su scala internazionale un’associazione industriale di settore, stabilire standard qualitativi minimi e una “roadmap” delle tecnologie per incrementare le “entomoproteine”.