Olio di palma: l’ingrediente più discusso

Autori/Authors : Pellati R.

In questi ultimi mesi si sono verificati innumerevoli interventi dei “media” (quotidiani, periodici, radio. TV) in merito all’impiego dell’olio di palma nei prodotti alimentari forniti dall’industria. Indubbiamente l’olio di palma è un prodotto interessante perché, secondo le stime del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, verrà prodotto nel 2016 – 2017 in 64,5 milioni di tonnellate (Italia: circa 400.00 tonnellate).  L’olio di palma infatti aiuta a preservare il gusto del prodotto durante l’intera vita del medesimo grazie alla superiore resistenza all’ossidazione rispetto ad altri oli. Inoltre può essere utilizzato deodorizzato in una gran varietà di alimenti senza alterarne il gusto, e grazie al suo sapore neutro, non copre il sapore degli altri ingredienti, come ad esempio il latte, il cacao, le nocciole. Se ne possono separare diverse frazioni liquide e solide, per soddisfare differenti requisiti di consistenza (morbida, cremosa, croccante). Infine è considerato l’alternativa primaria ai grassi idrogenati contenenti acidi grassi “trans” ritenuti nocivi alla salute umana. All’olio di palma non può essere attribuito nessuna particolare effetto negativo che sia scientificamente provato se assunto da individui sani all’interno di una dieta bilanciata. L’Istituto Superiore di Sanità sostiene che “ non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/polinsaturi. Sono i regimi dietetici e non i singoli cibi o ingredienti che hanno significato: infatti sia la Dieta Mediterranea che lo Studio dietetico in Germania, Austria, Svizzera (definito DASH) sono entrambi modelli dietetici con un effetto positivo sulle malattie cardiovascolari. Roberto Menta, direttore del Dipartimento Nutrizione e Sostenibilità “Soremartec” della Ferrero, dichiara che l’olio di palma utilizzato dall’azienda suddetta proviene solo da frutti spremuti freschi ed è lavorato a temperature controllate. E’ vero che l’olio di palma contiene naturalmente una quantità di precursori dei contaminanti termici maggiore rispetto ad altri olii e grassi, però è dimostrato che non è la materia prima in sé che ineluttabilmente sviluppa tali contaminanti, ma sono fattori condizionanti la qualità dei processi industriali e la cura della selezione della materia prima. Secondo l’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza degli Alimenti) alcuni contaminanti termici (2MCPD – 3MCPD – GE) sono presenti in un’ampia gamma di cibi (pane, latte formulato per i lattanti) e in maggior quantità negli oli vegetali portati ad alta temperatura durante i processi di trasformazione alimentare. Questi contaminanti si formano in quantità rilevanti quando l’olio viene portato oltre i 200 gradi. L’Azienda Ferrero invece è riuscita a mettere in atto una raccolta accurata del frutto di palma (praticando sterilizzazione e trattamento al vapore) una spremitura in tempi brevi e un processo di lavorazione a basse temperature per cui riesce ad ottenere un olio con livelli di contaminanti compatibili con le nuove raccomandazioni EFSA. Va sottolineato anche il fatto che l’olio ottenuto proviene da coltivazioni definite “sostenibili” dalle organizzazioni tipo RSPO, che rappresentano i diversi attori coinvolti nell’industria ( produttori, trasformatori, aziende manifatturiere, grande distribuzione, banche, investitori, ONG sociali e ambientali). L’olio certificato RSPO è tenuto fisicamente separato da quelli non certificati attraverso una catena di approvvigionamento lunga e complessa che però fornisce un livello di tracciabilità assicurato. La WWF ha dichiarato che la sostituzione dell’olio di palma con olii alternativi richiederebbe maggiore terra coltivabile con conseguente incremento della deforestazione e perdita di biodiversità.

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