Listeriosi: un pericolo da non sottovalutare

Autori/Authors : Pellati R.

La listeria è un bacillo poco noto a livello divulgativo, però è una vecchia conoscenza dei microbiologi. Prende il nome da Joseph Lister, uno studioso degli antisettici: le sue ricerche contribuirono a ridurre drasticamente le infezioni a seguito di interventi chirurgici ( come la “pasteurella” deriva da Pasteur, e l’escherichia coli da Escherich ). Siccome la letteratura ne segnala continuamente la pericolosità, la listeria va fatta conoscere, dato l’aumento dei pasti fuori casa (rappresentano un terzo dei consumi alimentari italiani:hanno ormai sfondato il tetto dei 60 miliardi anno). In passato ha provocato seri guai (riportati anche dal New England Journal of Medicine) in Svizzera, in provincia di Bergamo (Val Taleggio), in provincia di Torino (Moncalieri e Giaveno) dove più di 100 bambini delle scuole elementari e universitarie del capoluogo furono ricoverati dopo aver consumato un’insalata a base di tonno in scatola e chicchi di mais: la convinzione di maneggiare cibi sterili ha fatto diminuire l’attenzione degli addetti ai processi di confezionamento.
La listeria monocytogenes (si chiama così perché può provocare monocitosi, un’alterazione nell’ambito dei globuli bianchi) si differenzia da altre specie di listeria (seeligeri, innocua, welshimeri, ivanovii) perché è dotata di una particolare caratteristica: viene definita “opportunista”. Infatti è una specie assai diffusa nel suolo, nel foraggio, nei vegetali (può sopravvivere anche sui piani di lavoro umidi delle cucine dove aderisce formando un biofilm che resiste alle normali pulizie con l’aiuto di zuccheri complessi noti come polimeri batterici), però la sua aggressività dipende dal numero delle presenze, dalle condizioni climatiche e dallo stato immunitario dell’ospite: sono più facilmente colpiti neonati, bambini, donne gravide, anziani, pazienti con neoplasie, trapianti, AIDS. Le cause dell’aumento dei casi di listeriosi sono numerose: miglioramento delle tecniche analitiche che ne facilitano l’isolamento, maggior ricorso ad insilati nelle pratiche agricole e alla concimazione con liquami non trattati e fanghi ricavati dai depuratori, aumento del numero di animali negli allevamenti con maggior diffusione del germe, variazione delle abitudini alimentari con maggior ricorso alla conservazione: bar, cucine etniche, piatti pronti della grande distribuzione. La listeria ha una pessima reputazione e crea numerosi problemi ai tecnici delle industrie alimentari: riesce a moltiplicarsi anche alla normale temperatura utilizzata per la refrigerazione degli alimenti, sopporta bene il congelamento, è in grado di svilupparsi nell’ambito di pH ampio. Sopporta bene la presenza di cloruro di sodio a concentrazioni elevate, è sensibile ai comuni disinfettanti e all’azione delle radiazioni ionizzanti. Secondo una ricerca del National Food Institute danese le colture di listeria monocytogenes, in presenza di poco ossigeno sono circa 100 volte più invasive e quindi più suscettibili di provocare infezione. Questa caratteristica preoccupa ovviamente i produttori che utilizzano il confezionamento in atmosfera modificata. Non tutti i ceppi sono in grado di provocare una forma morbosa nell’uomo, dove penetra per via orale e si moltiplica nell’intestino penetrando nelle cellule del sistema reticolo istiocitario. Fortunatamente soccombe alle normali temperaturen di pastorizzazione (71°-74°): la comparsa nel latte pastorizzaton e nei suoi derivati può essere dovuta a una contaminazione secondaria.
Data la grande distribuzione del germe in questione nell’ambiente esterno e delle sue caratteristiche, è indispensabile praticare un accurato autocontrollo (HACCP), la formazione del personale, una profilassi efficace a livello dell’allevamento, del macello, dell’industria di trasformazione, in modo da evitare la creazione di portatori sani. Sono interventi che richiedono impegni economici notevoli con benefici poco appariscenti (fanno aumentare i costi di produzione, ma non i guadagni). Tuttavia il rischio “listeria” è grande con conseguenze spesso imprevedibili. Particolari attenzioni sono richieste anche da parte del consumatore il quale è sovente convinto di maneggiare cibi sterili e diminuisce l’attenzione nella conservazione e nella confezione dei pasti (cottura delle carni, lavaggio delle mani, delle posate, del frigorifero, della frutta e verdura, anche se acquistata già pulita in busta).

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