Anno 40/Numero 3

Probiotici e alimenti funzionali

Alla sesta edizione del Meeting Internazionale “Probiotics Prebiotics and New Food” sono stati presentati nuovi studi che aprono la strada ai microorganismi “utili” per la cura e la prevenzione di allergie, malattie infiammatorie dell’intestino e disordini alimentari. I cambiamenti nella composizione della flora batterica e la perdita di diversità batterica hanno un impatto negativo su malattie quali il Morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Intervenire sul microbiota dell’intestino con i probiotici può segnare una svolta nella cura, ma soprattutto nella prevenzione di queste patologie. Non solo nelle persone colpite da malattie croniche dell’intestino la flora batterica è alterata, recenti studi dimostrano come tale caratteristica sia presente anche negli obesi che ci sia un legame tra peso corporeo e stati infiammatori. Di conseguenza la somministrazione di bifido batteri a partire dall’infanzia o addirittura in fase prenatale potrebbe rivelarsi un aiuto efficace per combattere lo sviluppo dell’obesità in età adulta. Altri studi sono orientati sul legame alimentazione e pelle. In una dieta corretta, la combinazione dei nutrienti e il loro dosaggio ha un ruolo centrale nel benessere della pelle e dell’intero organismo. In quest’ottica i protagonisti delle nostre tavole saranno sempre di più i “functional food” (esempio:pasta arricchita di inulina ed estratti di germi di grano ). La pasta arricchita di inulina offre una bassa risposta glicemica e aiuta a controllare l’assorbimento degli zuccheri. L’estratto di germoglio di grano invece, contiene un cocktail di composti antiossidanti in grado di ridurre i radicali liberi neutralizzandoli in radicali stabili ABTS e DPPH. Il seme germogliato infatti, continua a sintetizzare i principi attivi anche in vitro e dopo 5 giorni di germinazione mostra un incremento del 30-40 % di antiossidanti rispetto al secondo giorno. L’assunzione regolare di probiotici pare abbia effetti benefici anche sugli sportivi: in un recente studio pubblicato su International Journal of Sport Nutrion and Exercise Mdetabolism è stato dimostrato che l’assunzione di Lactobacillus casei Shirota per 4 mesi di intenso allenamento ha ridotto del 36 % l’incidenza di infezioni del tratto respiratorio superiore. L’assunzione quotidiana di L.casei Shirota pare possa anche modificare le risposte del sistema immunitario al contatto con i pollini, causa frequente della febbre da fieno. Lo studio è stato presentato da Claudio Nicoletti dell’Istituto of Food Research di Norwich (UK).

Caro pane

Il consumo di pane sta crollando. Oggi il consumo medio giornaliero è stimato in 85 g a persona, mentre un’indagine eseguita negli stabilimenti FIAT degli anni ’60 dava un consumo di circa 400 g /die a persona. Tralasciamo di citare i consumi dei secoli scorsi che davano delle cifre ancora più alte (circa 800 g/die a persona). Si trattava però di malnutrizione conclamata dovuta alla miseria. In Piemonte la Società Storica della Valle di Lanzo ha pubblicato un libro prezioso (“Caro pane” – scritto dall’antropologa Marica Barbaro), con una ricca bibliografia, che ripercorre tutte le tappe di questo alimento che per secoli ha rappresentato il “nutrimento” per eccellenza. Nell’antica Roma gli imperatori sapevano benissimo che per governare erano indispensabili “panem et circenses”, e la preghiera più conosciuta della religione cristiana citava il “pane quotidiano”. Il libro (www.soc-storica-val-lanzo.net oppure: [email protected]) oltre a notizie di aggiornamento relative alla produzione del pane, riporta alla memoria le innumerevoli sensazioni ormai perdute come il profumo del pane fresco, la gioia che aleggiava in casa quando era possibile gustare il pane, il significato simbolico del pane. Fare il pane è stato considerato come autentico sapere, colmo di segreti, di operazioni quasi misteriose, straordinarie. Il primo testo letterario conosciuto, l’epopea di Gilgamesh, scritta in Mesopotamia circa 4.000 anni fa, racconta che l’uomo “selvatico” uscì dal suo stato solo nel momento in cui venne a conoscenza dell’esistenza del pane. Il libro cita anche la disputa sulle origini del grissino stirato che alcuni storici della gastronomia indicano come questo prodotto sia stato inventato a Lanzo Torinese nel 1688 da Teobaldo Pecchio per il principino Vittorio Amedeo II di Savoia, cagionevole di salute. L’associazione Panificatori di Torino afferma invece che il grissino stirato derivi dalla “ghersa” termine dialettale piemontese che indica un pane tipico torinese di forma allungata prodotto già nel Cinquecento e nel Seicento.

104 autori per la patata

Strano destino quello della patata. Nata in Perù, portata in Europa da Cristoforo Colombo e dai navigatori che gli succedettero, andò ad arricchire gli orti botanici e i giardini dei signori, senza generare un interesse alimentare. Le siccità e le carestie portavano la fame per numerose persone, ma la patata pur essendo conosciuta non fu utilizzata in Europa. La patata era sporca, brutta, sgradevole alla vista, al tatto. Inizialmente fu anche commesso l’errore di mangiare non il tubero ma le foglie e i fiori. Ci vollero quasi 3 secoli dalla sua introduzione perché la coltivazione si diffondesse in Europa. L’inizio del successo è dovuto agli studi e alle ricerche di un farmacista francese: Antoine Augustine Parmentier il quale fu fatto prigioniero nel corso della guerra dei Sette Anni e, per disprezzo, fu lasciato a vivere con i maiali. Poiché questi animali mangiavano patate e stavano benone, cominciò a incuriosirsi e, alla fine della guerra approfondì il problema. In suo onore, a conclusione degli studi, Luigi XVI, diede una gran ballo il 25 Agosto 1785. Questa data è considerata come il battesimo ufficiale della patata in Europa. Le cause della lentezza relativamente al consumo delle patate furono dovute alle scarse conoscenze nel modo corretto di conservare e cucinare il tubero, con conseguente formazione di solanina, un alcaloide tossico. Oggi il consumo in Europa di patate è stimato sui 91 Kg anno/procapite con alcune nazioni (Polonia) che arrivano a 123 Kg e altre (Bielorussia) a 190 Kg. Il tubero più amato al mondo (4° coltura dopo riso, grano, mais) è descritto in tutte le sue caratteristiche nel 13° volume “La patata” della prestigiosa Collana “Coltura e Cultura” della Bayer CropScience, ed è stato presentato ad una attenta platea di docenti Universitari, imprenditori agricoli, produttori, giornalisti, a Budrio (Bologna) il 16-17 Maggio, con la partecipazione di esponenti della cultura, dell’istruzione, della politica. Il volume di 900 pagine con più di 1000 illustrazioni descrive le conoscenze attuali sulla patata: botanica, storia, arte, l’impiego nella Nutrizione Umana (capitolo scritto dal bravissimo Carlo Cannella che ci ha lasciato nei mesi scorsi), coltivazione, utilizzo nel mondo non alimentare (usi energetici, cosmesi, industria farmaceutica), mercato, gastronomia. La conclusione è stata affidata a Renzo Angelini, Technical Management & Communications Head di Bayer CropScience, coordinatore dell’intera collana che ha incentrato il suo intervento sul prezioso contributo dei 104 autori che “hanno saputo dimostrare la centralità dell’agricoltura, oltre l’aspetto produttivo e la reale possibilità di fare sistema tra i ricercatori, i produttori, i comunicatori, senza dimenticare la preziosa collaborazione della ristorazione”.

Gelati e innovazione

Il mensile dell’Unione Nazionale Consumatori (Le scelte del consumatore – Luglio 2011) segnala che nelle etichette dei gelati vedremo indicato un nuovo ingrediente: ISP – Ice Structuring Protein (Proteina strutturante del ghiaccio). Il nuovo ingrediente serve per migliorare il profilo nutrizionale del gelato. Questa proteina infatti consente di ridurre la quantità di grassi, l’apporto di zuccheri, di calorie e, di conseguenza aumentare il contenuto di frutta. Nella produzione dei gelati infatti il latte e i grassi rivestono un ruolo di primaria importanza: costituiscono “l’impalcatura” del prodotto per favorire la cremosità. L’innovazione della proteina ISP consente di ridurre zuccheri e grassi e aumentare la quantità di frutta grazie all’incremento delle interazioni tra i cristalli di ghiaccio. Individuata per la prima volta nel 1969 nei pesci dell’oceano Artico ed in seguito identificata in più di 200 organismi che vivono in condizioni climatiche molto rigide, la proteina ISP ha la capacità di modificare la forma e le dimensioni del ghiaccio che si crea alle basse temperature, incrementando le interazioni tra i cristalli ed evitando così i danni che questi potrebbero arrecare ai tessuti organici. In pratica, protegge gli organismi dagli effetti del gelo. Inizialmente la proteina è stata isolata dal merluzzo artico (Macrozoarces americanus) ed è stato individuato il gene che ne regola la produzione. Poiché non sarebbe stato sostenibile estrarre la proteina dalla sua forma naturale, è stata utilizzata la biotecnologia industriale di fermentazione del lievito di birra, come già avviene per la produzione di numerosi enzimi, proteine e vitamine. Le conclusioni dell’EFSA sono risultate favorevoli all’utilizzazione dell’ISP alla concentrazione dello 0,01 % nel gelato. Di conseguenza l’Unione Europea l’ha registrata come ingrediente alimentare. La collaborazione tra Scienza e Tecnologia oggi è sempre più determinante nell’ampliare l’offerta con produzioni varie ed equilibrate. L’uomo cambia, cambiano le esigenze di consumo e l’industria alimentare si impegna sempre maggiormente. Se pensiamo a ciò che è avvenuto nel passato (esempio: la pastorizzazione per le conserve alimentari) appare chiaro che quello che sembrava rivoluzionario ieri, oggi è diventato parte della nostra tradizione.

Latte crudo e latte fresco

La possibilità di gustare il latte crudo, grazie al miglioramento tecnologico e all’igiene generale, sta conquistando un numero sempre maggiore di soggetti attratti dal desiderio di consumare un prodotto ricco di principi nutritivi dal sapore inconfondibile. Alfonso Piscopo, veterinario, del Comitato Scientifico del periodico “Eurocarni” ha esaminato questo consumo (Luglio 2011) fornendo una serie di consigli utili da tener presente per un corretto impiego. Innanzi tutto l’Autore del lavoro invita il legislatore a indicare il latte crudo appena munto come “latte crudo fresco” (integro e naturale) per distinguerlo da quello pastorizzato oggi etichettato come “latte fresco”. Il consumo di latte crudo può creare qualche problema qualora il consumatore non osservi alcuni accorgimenti come la conservazione in frigo e l’uso di borse termiche per non interrompere la catena del freddo. Secondariamente il latte crudo va bollito prima di essere consumato come raccomanda la circolare del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 10.12. 2008, essendo altamente deperibile. Il trattamento termico della bollitura in ambiente domestico è una fase delicata che, se effettuata in maniera brusca, può compromettere lo “status quo ante”, portando il latte alla denaturazione dei nutrienti ed all’alterazione delle caratteristiche organolettiche che lo compongono. Questo si verifica nel latte bollito per troppo tempo che emana il caratteristico odore sulfureo con formazione di una patina (velo) in superficie. Quindi il latte deve essere bollito per pochi istanti. L’azienda produttrice di latte crudo deve valutare in autocontrollo i criteri di indagine igienico sanitari riferibili all’allevamento e all’igiene delle attrezzature facendo attenzione allo “Staphylicoccus aureus” – “Listeria monocytogenes” – “Salmonella spp” – “Escherichia coli” – “Campylobacter termotolleranti” – “Aflatossina MI” con opportuni analisi alle scadenze prescritte e osservanza dei parametri indicati. Com’è noto, gli agenti infettanti possono divenire veicolo di malattie trasmissibilik dagli animali all’uomo come la brucellosi, la listeriosi, la salmonellosi, la tubercolosi, anche se i piani di eradicazione relativi alle zoonosi hanno ridotto notevolmente le patologie nell’uomo legate al consumo di latte crudo. Nei distributori automatici non è possibile includere latte raccolto da aziende diverse da quelle produttrici e deve essere chiaramente indicata la ragione sociale, sede, data di mungitura, di fornitura, scadenza, istruzioni per la conservazione, e il prodotto non può essere utilizzato per la preparazione di gelati. Anche per la commercializzazione in azienda si deve assolvere al dettato normativo previsto dalle norme vigenti per l’igiene e la sicurezza alimentare (pulizia e sanificazione dei locali, degli strumenti, dell e attrezzature, temperature per il trasporto del latte, contenitore, erogatore, controlli per residui pesticidi, tossine di origine fungina, pesticidi).

Sarcopenia, proteine ed esercizio fisico

Per sarcopenia si intende la perdita di massa muscolare correlata all’età. Riguarda il 30 % degli adulti sopra i 60 anni e il 50 % dei soggetti che hanno compiuto 80 anni. Il fenomeno merita la massima attenzione dato l’incremento ormai consolidato della popolazione che raggiunge la terza età. Sarcopenia infatti vuol dire peggioramento della qualità di vita, esaurimento delle forze, rallentamento della marcia, aumento del rischio di cadute e soprattutto, in presenza di osteoporosi, aumento del rischio di fratture al femore, Inoltre subentra un indebolimento del sistema immunitario con aumento del rischio di contrarre infezioni. Nei casi più gravi (perdita di oltre il 40 % di massa muscolare) l’esito è il decesso del paziente generalmente a causa di infezioni all’apparato respiratorio. La sarcopenia si previene adottando fin dalla giovane età, un regime alimentare completo, bilanciato, e attraverso la pratica regolare di attività fisica. Come per l’osso, più si raggiunge un picco di massa muscolare elevato, fino ai 35-40 anni di età, maggiore è la probabilità di contrastarne la perdita. L’esercizio può essere aerobico e di controresistenza. Fondamentale è l’introito giornaliero equilibrato di proteine attraverso l’alimentazione. Oggi si reputa valida per l’anziano un assunzione di 0,8-1,2 grammi pro-chilo di proteine al giorno, in assenza di nefropatie. L’apporto proteico va distribuito durante i 3 pasti e riguarda proteine nobili presenti in carni magre, latte e derivati, uova, pesce e legumi. Tuttavia – osserva Francesco Landi dell’Istituto di Medicina Interna e Geriatria, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – quando l’apporto proteico diventa carente, può essere indicata la somministrazione di un supplemento nutrizionale orale completo e bilanciato che contenga proteine, vitamine e HMB, un derivato della leucina, essenziale per stimolare la sintesi proteica muscolare e rallentare il decorso della sarcopenia. Per sensibilizzare il pubblico e il mondo sanitario a questo problema è in corso una campagna itinerante che avrà come logo “Più forza nella vita”, con la collaborazione dei medici del Centro di Medicina dell’invecchiamento del policlinico Gemelli di Roma i quali eseguiranno un check-up gratuito della forza ed efficienza muscolare facendo tre tipi di misurazione. La prima è la misura della massa muscolare facendo effettuare la densitometria ossea in scansione total body per calcolare la massa magra, oppure attraverso la bioimpedenziometria o antropometria. La seconda è la misurazione della forza con l’hand grip. La terza è la velocità di cammino in un tratto di 4 metri con particolari parametri.

Consumi alimentari in Cina

Roberto Grandi (Università di Bologna, Facoltà di Agraria), Presidente del Collegio di Cina, al Convegno svoltosi all’Auditorium della Borsa Merci di Bologna, ha sottolineato come il paese asiatico primo al mondo per numero di abitanti (un miliardo e 350 milioni) e come stia diventando anche il maggior laboratorio tecnologico. Già oggi è il primo mercato d’auto, di treni veloci, di voli aerei. Ha un milione e mezzo di ricercatori, pari alla somma di quelli statunitensi ed europei, con una crescita delle pubblicazioni scientifiche del 10 % all’anno. Il rovescio della medaglia è determinato da un incremento dell’inflazione e dalla presenza di forti differenze sociali. Andare da una delle megalopoli cinesi (Chongqing, 32 milioni di abitanti; Pechino, 22 mil; Shanghai, 19 mil) alle campagne è come tornare indietro nel tempo. Dal punto di vista alimentare, Silvio Pellati (Titolare dell’Agenzia di informazioni di mercato “Pellati Informa sas”) ha ricordato che, per i cinesi, il riso è sempre il cibo base per circa 85 Kg pro-capite l’anno (10 anni fa era 97 Kg), mentre l’Italia non supera i 5,5 Kg pro-capite l’anno. Bisogna però tener presente che gli italiani sono i più forti consumatori di pasta (circa 28 Kg procapite l’anno) confezionata con grano duro. Per quanto riguarda il consumo di carni bovine, se in USA siamo agli eccessi (circa 38,50 Kg pro-capite l’anno) in Europa siamo più equilibrati (16,70 Kg) e in Cina sono molto bassi (4,10 Kg). Analogo divario esiste nel consumo di carne di pollo. In Usa siamo a 50,60 Kg anno pro-capite, in Europa a 25,10, in Cina a 9,30. Poiché la carne di pollo rappresenta la “prosperity” (come è avvenuto nell’Italia del dopo guerra), è evidente che in questo settore si annuncino degli incrementi considerevoli. Il consumo di carne suina è più equilibrato: Europa 41,80 Kg pro-capite l’anno, Cina 37,10, Stati Uniti 27,20. Data la popolazione cinese, la Cina oggi è il più grosso produttore di suini del mondo. Nel consumo di uova la Cina è prima con 300 uova annue pro-capite, rispetto a quello USA che è di circa 250 e quello EU che è di circa 220. Nel consumo di olii vegetali (palma e colza) la differenza è notevole: Cina 20,11 Kg procapite l’anno, Europa 43,87, USA 35,56. Poiché i cinesi lavorano molto intensamente e tendono a migliorare il proprio tenore di vita facendo esplodere i consumi interni a dei ritmi travolgenti, nei prossimi anni la loro produzione animale è destinata ad aumentare. Le stime suddette provengono dall’USDA, il Dipartimento dell’Agricoltura Americano, che sono sempre di fondamentale importanza per tutto il mondo. L’USDA stima che di qui al 2020 vi sarà un forte incremento dei consumi di soia e di mais che a fatica potrà essere soddisfatto dalle produzioni. Già oggi la Cina importa più del 60 % di tutta la soia importata nel mondo, ed è logico pensare che aumentino anche le importazioni e il consumo di mais, essendo la produzione agricola cinese ancora lontana dai livelli di efficienza degli Stati Uniti e dell’Europa. Quindi non c’è nessuna speranza che il mercato della soia e del mais si calmi, creando dei problemi economici anche per l’Italia, già oggi costretta ad importare il 90 % del proprio fabbisogno di semi e farina di soia, e il 20 % di quello del mais (oltre ad importare il 40 % del fabbisogno di grano duro). A meno che in Cina non intervengano decisioni politiche radicali che portino a una decisa frenata dei consumi. Oppure sostanziali cambiamenti nelle rese per ettaro. Vale la pena sottolineare che Stati Uniti, Brasile ed Argentina sono i principali paesi produttori ed esportatori di mais e che la produzione di questi paesi è in gran parte attuata con varietà OGM.

Contaminanti negli alimenti

Il mensile “Industrie Alimentari” ha pubblicato una panoramica delle principali sostanze che attualmente sono sotto i riflettori per le loro proprietà potenzialmente tossiche (denominate process- related) che si formano durante la trasformazione e la conservazione dei cibi, segnalate dall’ILSI (International Life Science Institute). Acrilamide: si forma nei prodotti alimentari amilacei (patate in particolare) sottoposti a temperature elevate. Si basa sulla reazione di Maillard tra uno zucchero riducente e l’aminoacido asparagina. Nel 2005, l’EFSA dichiarò che questa sostanza poteva rappresentare un potenziale rischio per la salute in quanto cancerogena e genotossica. I prodotti che maggiormente contribuiscono all’esposizione di acrilamide sono risultati le patate fritte (comprese quelle a bastoncino), il pane morbido, il caffè torrefatto, i biscotti. Confrontando i dati del 2007 con quelli del 2009 si è osservata una riduzione dei livelli di acrilamide soltanto in 3 gruppi di alimenti su 22 (cracker, biscotti per l’infanzia, pan di zenzero), mentre nei cracker svedesi e nel caffè istantaneo sono addirittura aumentati. I contenuti mediamente più elevati di acrilamide sono stati rilevati nelle patatine e nelle bevande succedanee del caffè a base di orzo e cicoria. Per ridurre l’esposizione complessiva all’acrilamide bisognerà abbassare ulteriormente i livelli tollerati. Micotossine mascherate: normalmente le micotossine sono metaboliti secondari di muffe e funghi. Quelle “mascherate” o “nascoste” sono invece chimicamente combinate con zuccheri, aminoacidi o solfati e sfuggono ai metodi analitici normalmente impiegati. Per esempio, il deossivalenolo o DON è presente nei cereali sottoforma di glucoside. La fumosina è stata rilevata nel mais legata a prolamine e gluteline. È stata riscontrata la presenza di metaboliti di altre muffe quali lo zearalenone e l’acrotossina A. Le forme mascherate possono essere già normalmente tossiche, oppure possono essere idrolizzate nell’intestino umano. La micotossina attiva può essere liberata anche durante il processo produttivo. Furano: è una molecola volatile che si forma nei cibi in scatola (compresi i baby food), inequivocabilmente cancerogena negli animali di laboratorio, pertanto la Commissione Europea ha richiesto agli Stati membri di raccogliere dati anche nella dieta alimentare umana. Attualmente si hanno 4000 dati inerenti una ventina di categorie di alimenti dove sono stati registrati contenuti particolarmente elevati nel caffè e in alcuni omogeneizzati per la prima infanzia. L’EFSA ha richiesto informazioni più accurate sul furano raccomandando che i futuri test forniscano anche un’analisi particolareggiata dei campioni prima e dopo la cottura, con indicazioni precise del tempo di cottura e della temperatura praticata. IPA (idrocarburi policiclici aromatici): si formano nei cibi cotti al barbecue a carbonella. Da tempo è noto che alcuni di essi sono genotossici e possono provocare il cancro. Attualmente il benzopirene è l’unico IPA la cui presenza negli alimenti è regolamentata. Recenti studi hanno evidenziato che il benzopirene non è un indicatore adatto ad attestare la presenza di IPA negli alimenti, infatti nel 30% circa di tutti campioni risultati negativi per il benzopirene sono stati rilevati altri IPA cancerogeni. In futuro è stato proposta una somma di vari IPA (e ulteriori dati sul benzofluorene) per una migliore tutela del consumatore. Esteri del 3-MCPD: il 3-monocloropropandiolo si forma in vari alimenti (salse e prodotti da forno) contenenti grassi e sale quando vengono cu cinati a temperature elevate. Il suo profilo tossicologico è noto da tempo, tuttavia alcuni suoi esteri sono stati rilevati in vari tipi di alimenti, soprattutto oli e grassi raffinati, nel corso dei processi di deodorizzazione. La presenza di questi esteri desta preoccupazione perché il 3-MCPD può essere rilasciato nell’organismo umano per azione della lipasi. L’EFSA ha sottolineato la necessità di ulteriori studi sulla tossicità e sulla tossi cinetica di questi esteri.

Back to top