Anno 44/Numero 2

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Rivista : Anno 44/Numero 2

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Un libro per “vivere frizzante

Le pubblicazioni sul vino ormai non si contano più. Tuttavia il libro di Emanuela Medi ( “Vivere frizzante” – Edizioni Diabasis – Pagine 105 – Euro 15) si distingue dalla letteratura esistente perché spazia a 360° sui numerosi aspetti che legano il vino all’economia, alla salute, al piacere della tavola, alla Scienza in senso lato, alla letteratura. Chi si interessa di Nutrizione Umana apprezzerà questo libro perché riassume tutto quello che bisogna sapere nei riguardi del “consumo moderato e consapevole del vino” per mantenere una buona salute, vale a dire i rapporti dell’alcool con le malattie cardiovascolari, degenerative, oncologiche, metaboliche, corredati da precise note bibliografiche per ogni tema trattato.
In questo particolare momento della nostra economia non esiste la crisi del vino, anzi l’export parla di un 7 % in più rispetto agli anni scorsi, una cifra che potrebbe aumentare se fossimo in grado di migliorare la comunicazione per poter entrare anche in mercati difficili come, per esempio, quello cinese.
Per numerose persone il vino è ancora percepito solamente come bevanda dannosa e fonte di incidenti stradali attribuibili invece in larga misura a droghe e distillati.
Oggi abbiamo 380.000 aziende vinicole con un giro d’affari complessivo di 10 miliardi di euro, per cui non dovrebbero mancare le opportunità per potenziare la comunicazione, l’educazione alimentare, i corsi di degustazione,
i corsi professionali, master e accademie enogastronomiche di vario tipo. L’orario del consumo del vino è profondamente cambiato: prima era concentrato durante i pasti principali, ora è gustato anche prima di cena, come aperitivo, nei vari happy hour, nel turismo enogastronomico di lusso, nel campo cosmetico diventando un cult delle più famose Spa e luoghi di culto del benessere per l’attività antiossidante del resveratrolo.
Non mancano le citazioni nell’ambito musicale, da Paul Anka a Lucio Dalla, a Giorgio Gaber, per non dire dei vini nobili per eccellenza come lo champagne che ha ispirato grandi nomi della musica leggera.
Diceva Federico Fellini: un buon vino è come un buon film: dura un istante e ti lascia in bocca un sapore di gloria, e seguono tutti i film di grandi registi che in vari modi hanno trattato il vino, per non dire delle testimonianze di questa bevanda nella cultura greca e latina, nei secoli del Medio Evo, nel Seicento francese, nel secolo dei Lumi. Molto interessante anche le innumerevoli citazioni nell’Antico e Nuovo Testamento e il capitolo dedicato alla sacralità del vino e alla modalità con cui si è arrivati a modificare l’antico rito della comunione per riservare questa bevanda al solo clero.
In altre parole, Emanuela Medi (che ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche del Gr3 e Gr1 nel settore medico scientifico) ha saputo tradurre in una lettura piacevole e interessante i profondi valori culturali, scientifici ed enogastronomici di questo prodotto della natura presente fin dall’antichità nella nostra vita quotidiana.

Agricoltura nello spazio

Per consentire agli astronauti di avere a disposizione alcune verdure fresche nel corso dei viaggi sulla Luna e su Marte sarà necessario aumentare e sviluppare nuove conoscenze nel settore dell’agricoltura. Il tema è stato trattato a Roma in occasione del workshop “Agrispazio, colonizzare Luna e Marte per nutrire la terra”. Ai lavori era presente anche l’Agenzia Spaziale Italiana che ha presentato il modello “ExoMars”, un progetto per la coltivazione di verdure su Marte. L’evento è stato organizzato nell’ambito degli incontri legati a Expo 2015 dalla Regione Lazio e dall’Università di Tor Vergata di Roma. Per l’uomo infatti, uno dei problemi più importanti che si verificheranno nel corso dell’esplorazione dello Spazio e la colonizzazione dei pianeti ( ricordiamo che la Nasa mira a conquistare Marte entro il 2030) sarà l’approvvigionamento di cibo. La risoluzione di questo problema però potrà avere dei riflessi anche nell’ambito di particolari contesti ambientali sul nostro stesso pianeta. In altre parole: i sistemi sviluppati per questo tipo di colonizzazione potrebbero essere poi utilizzati sulla Terra per produrre cibo in condizioni estreme. I programmi di partenza sono due, e verranno effettuati sulla Terra, simulando condizioni il più possibile a quelle presenti sugli altri pianeti.

  1. Il primo si effettuerà alle Isole Hawai con la partecipazione alla spedizione Hi-Seas di Cyprien Verseux, un dottorando del gruppo di Daniela Billi ( Astrobiologia e Biologia Molecolare di cianobatteri di ambienti estremi, presso l’Università di Tor Vergata.
  2. Il secondo, chiamato Eden, è stato avviato il 21 Luglio in Antartide, presso la base di ricerca tedesca e vede la partecipazione di Giorgio Boscheri della Thales Alenia Space.

Salvatore Pignataro, dell’Agenzia Spaziale Italiana ha dichiarato all’Ansa che la nuova frontiera spaziale è andare oltre l’orbita bassa e a questo scopo è fondamentale riuscire a creare una biosfera artificiale, utilizzando tecnologie biogenerative basate su alghe, funghi, microrganismi in sistemi a ciclo chiuso. L’agricoltura nello spazio non deve accontentarsi di far crescere piante, ma deve creare un terreno adatto a questo scopo. I test preliminari infatti si stanno concentrando sulla coltivazione di cianobatteri su un substrato simile a quello che gli astronauti potranno trovare su Marte. Le prime prove dicono che ciò è possibile. Daniela Billi ha riferito all’Ansa che questi batteri sono molto resistenti e, facendoli moltiplicare, si ottiene una biomassa che da un lato è in grado di modificare l’atmosfera (arricchendola di ossigeno), dall’altro agisce come fertilizzante. Nel futuro i sistemi autosufficienti alimentati da questi batteri potrebbero essere autonomi e svincolati dall’intervento dell’uomo.

Papaia e arance salvate dall’ingegneria genetica

L’utilizzo e la coltivazione degli OGM (prodotti geneticamente modificati) crea numerose discussioni e perplessità. Ma l’Accademia dei Georgofili segnala che Marcus Glassman ( Ricercatore in Agricoltura presso il Chicago Council Global Affair) afferma che in passato la genetica è già stata usata per diversi scopi a servizio del consumatore. Anzi, se i consumatori comprenderanno l’intima essenza dell’ingegneria genetica e cosa può fare, saremo maggiormente in grado di proteggere i nostri frutti preferiti quando si presenta una malattia inarrestabile. A questo proposito sono citati due esempi:

  1. Nel 2005 le arance della Florida furono colpite dal “citrus greening” (un batterio che provoca la trasformazione dei frutti di colore verde e successivamente la loro morte). La malattia è provocata da un batterio, trasportato di pianta in pianta dalla “Psilla asiatica” ed sino ad oggi non esistono cure. La malattia si è diffusa a macchia d’olio. In Florida la coltivazione si ridusse del 39 % e anche negli anni successivi la raccolta non diede segni di risveglio. Nel 2014 il Congresso degli Stati Uniti ha stanziato 125 milioni di dollari per diversi progetti di ricerca sia tradizionali che ricorrendo alla modificazione genetica. Il problema è stato risolto da Erik Mirkov, Patologo vegetale alla Texas A&M University, che ha aggiunto al codice genetico delle arance tratti genetici degli spinaci, perché questi vegetali sono capaci di attaccare una gran quantità di funghi e batteri. Le arance geneticamente modificate hanno risposto positivamente.
  2. Nel 1950 la papaia coltivata nell’arcipelago delle Hawai (isola di OAHU) fu colpita dalla PRV, una malattia che provoca una deformazione dei frutti rendendoli non più commerciabili. Questa fitopatia è incurabile. In un primo tempo la produzione della papaia fu spostata nell’isola maggiore (ancora libera dalla PRV), ma ben presto anche questa zona fu colpita. Fortunatamente nel 1978 il Dipartimento di Stato Americano per l’Agricoltura (USDA) finanziò la ricerca di Dennis Gonsalves, ricercatore della Cornell University per trovare una varietà di papaia “PRV resistente” usando la genetica.. La ricerca diede ottimi risultati e la varietà geneticamente modificata venne utilizzata per tutti gli incroci futuri, e distribuita gratuitamente ai produttori hawaiani, per debellare completamente la malattia. Tra il 1998 e il 2001 il valore della produzione annuale della papaia passò dai 26 milioni di dollari a 40 milioni di dollari.

Expo e cibi italiani

Con l’inizio di Expo 2015 si è registrato un aumento della domanda di prodotti agroalimentari “Made in Italy”all’estero che va dal + 19 % in USA al + 36 % in India, fino al + 57 % in Cina, ma risultati estremamente positivi si hanno anche nello stagnante mercato dell’Unione Europea con un incremento del + 5 %. E’ quanto è emerso all’Expo 2015 dall’Assemblea della Coldiretti e riportato dalla Presidenza dell’Associazione Stampa Agroalimentare Italiana sulla base dei dati Istat. Il risultato è ancora più incoraggiante se si considera (precisa la Coldiretti) il crollo delle spedizioni verso la Russia in seguito all’embargo che ha colpito importanti comparti dell’agroalimentare comportando un cedimento del 36 % del valore delle esportazioni.
Il prodotto dell’agroalimentare più esportato dall’Italia nel mondo è il vino, ma rilevanti sono anche le spedizioni all’estero di ortofrutta, pasta, olio d’oliva. La pasta, osserva l’Ismea, rappresenta oggi il 7 % del valore dell’export dell’intero agroalimentare, e negli ultimi 15 anni, ha registrato un trend delle spedizioni all’estero in continua ascesa.
Due stranieri su tre considerano la cultura e il cibo la principale motivazione del viaggio in Italia che ha conquistato la leadership mondiale del turismo enogastronomico grazie a 4813 prodotti tradizionali censiti dalle regioni, 271 specialità DOP /IGP riconosciute a livello comunitario, 415 vini DOC/DOCG, quasi 21000 agriturismi e oltre 10000 fattorie dove acquistare direttamente dagli agricoltori di Campagna Amica.
Il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina sostiene che nessun altro Paese
ha risultati di questo tipo a livello internazionale. Abbiamo una strategia di azione completamente nuova, che punta non solo sulla repressione, ma sulla diffusione della conoscenza dei nostri prodotti DOP e IGP.
Non è un caso se la Commissione Europea ha deciso di organizzare proprio in Italia nel corso di Expo una riunione tecnica di aggiornamento tra gli organismi di controllo dell’Unione per un focus sullo strumento della tutela delle DOP e IGP. Grazie al lavoro del nostro Ispettorato Repressioni Frodi abbiamo potuto far togliere dagli scaffali di molti Paesi d’Europa falsi prosciutti, vini, formaggi, aceti a denominazione, sfruttando meglio di altri di ogni altro Stato membro, la protezione prevista dalla normativa europea.
In Gran Bretagna si è ottenuto lo stop alla vendita del Prosecco alla spina e bloccata la vendita di finto Prosecco DOP.
In Turchia sono state bloccate 5 mila tonnellate di falso Parmigiano (vale a dire la metà della produzione mensile dell’autentico Parmigiano prodotto in Italia).
Negli Stati Uniti sono stati rimossi dal mercato vini taroccati con le scritte “Barolo”- “Chianti” – “Valpolicella”.
Nel Regno Unito è stata sospesa la commercializzazione nei grandi magazzini Harrods dell’olio Tuscan extra-virgin olive. In Olanda si è potuto eliminare dagli scaffali il finto Prosciutto di Parma, affettato e confezionato.

Gluten-free e corretta informazione

Le domande più frequenti rivolte agli specialisti medici e dietisti, impegnati nella campagna indetta dall’ ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica) per verificare dubbi e curiosità sui problemi legati al glutine, hanno dimostrato quanto fondamentale siano la corretta informazione e il counseling dietetico operato da un Dietista con competenze specialistiche sulla malattia celiaca nei confronti dei pazienti, sia nei confronti dei genitori di bambini celiaci. Antonio Caretto, Presidente ADI dice che la maggior parte dei partecipanti all’indagine ha infatti sollevato dubbi su come arrivare alla diagnosi, sugli esami da effettuare, sulle figure mediche da consultare e soprattutto sulla possibilità di concedersi ogni tanto qualche strappo alla dieta.
ADI sottolinea pertanto come le incertezze correlate a questo genere di disturbi siano aumentate in sintonia a un reale incremento della “sensibilità al glutine”(NCGS) e della malattia celiaca fino a 4 volte, probabilmente legata ad un aumentato consumo di grano, ad una modificazione della qualità del frumento e del glutine presente, nonché all’aumentato impiego del glutine dalla “food industry” come additivo o come riempitivo e da un notevole miglioramento delle tecniche diagnostiche che hanno permesso di fare chiarezza al problema.
Tuttavia è importante essere al corrente che grazie ad appositi test clinici oggi è possibile risalire alla natura dei disturbi e quindi individuare se si tratta di celiachia, di sensibilità al glutine (NCGS), oppure altra intolleranza alimentare.
Considerata la somiglianza di alcuni sintomi che legano la celiachia al resto dei disturbi, la maggioranza delle persone tende a fare confusione e a ricorrere a delle autodiagnosi affrettate e scorrette. Pertanto l’ADI ricorda come sia fondamentale rivolgersi al personale sanitario competente e soprattutto non lasciarsi tentare dalle false mode delle diete gluten-free, con la convinzione che l’eliminazione del glutine dalla dieta possa migliorare lo stato di salute e favorire la perdita di peso.
Anche la NFI (Nutrition Foundation of Italy) segnala che il consumo di prodotti senza glutine ha subito un’impennata negli ultimi anni e l’utilizzo si è diffuso anche tra i soggetti che non presentano intolleranza a questa proteina. Numerose persone sono convinte che tali alimenti forniscano un vantaggio nutrizionale, specie nell’ottica del controllo ponderale.
Un’indagine australiana condotta nei supermarket di Sydney su oltre 3000 cibi appartenenti a 10 gruppi alimentari, sia gluten-free (segnalata dalla presenza di un bollino), che contenenti glutine (per la presenza di vari cereali), dimostra che questa percezione del pubblico è ingiustificata.
Gli esperti statunitensi sono comunque sempre più interessati a sviluppare terapie non dietetiche come l’assunzione del farmaco “larazotide acetato”, un peptide che favorisce un corretto assorbimento intestinale (modula le tight junction intestinali).
Questa molecola infatti ha dimostrato, in uno studio randomizzato controllato
con placebo, di poter ridurre sia i sintomi gastrointestinali (GI) che quelli “non-GI” in pazienti accidentalmente esposti all’assunzione di glutine.

Aglio e aterosclerosi: meccanismo d’azione

L’odore caratteristico dell’aglio ha sempre incuriosito l’uomo che, in ogni epoca storica, gli ha sempre attribuito varie proprietà.
Gli arabi dicevano che l’aglio era nato da un’impronta lasciata dal diavolo che stava abbandonando l’Eden. I medici medievali utilizzavano una maschera intrisa d’aglio per prevenire il contagio nel corso delle epidemie. Nella Prima Guerra Mondiale la sanità militare preparava una poltiglia d’aglio da applicare sulle ferite come battericida. Nell’antica India l’aglio veniva rigorosamente proibito ai monaci perché era ritenuto afrodisiaco. Gli Egiziani lo davano ai lavoratori delle piramidi come corroborante fisico, una specie di integratore energetico. Nerone lo usava per schiarirsi la voce. C’era anche una reputazione leggendaria: poteva essere utile per scacciare i vampiri. Ancora oggi nella medicina popolare l’aglio viene raccomandato in molte situazioni.
Alla luce delle attuali conoscenze oggi si sa che la caratteristica dell’aglio è dovuta alla presenza di una sostanza l’alliina, contenuta nelle sue cellule. Tagliando l’ortaggio le cellule si rompono e l’alliina viene a contatto con un enzima che la trasforma in allicina, dall’odore caratteristico, e dotata di un’azione antibiotica e protettrice nei confronti dei danni causati dalle sostanze cancerogene. Recentemente il prof. Agostino Macrì (Facoltà di Scienze Università La Sapienza di Roma) riporta nel suo blog di “Sicurezza alimentare” (Unione Nazionale Consumatori) la spiegazione data da alcuni ricercatori sulle proprietà benefiche dell’aglio nel ridurre il pericolo dell’aterosclerosi umana.
Nella nostra dieta è presente una buona quantità di carnitina proveniente dagli alimenti di origine animale (carne in particolare). La carnitina ha importanti funzioni fisiologiche ed in particolare quella di consentire all’organismo di utilizzare al meglio l’energia dei grassi. Infatti ci sono molti integratori che la contengono e sono utilizzati soprattutto nell’ambito sportivo.
Parte della carnitina non viene utilizzata dall’organismo ed a livello intestinale viene a contatto con la flora batterica che la trasforma in ossido di trimetil ammina (TMAO). Questa sostanza può contribuire ad indurre la formazione delle placche aterosclerotiche che si accumulano nelle arterie e gradatamente possono provocare aterosclerosi. Di conseguenza un eccesso di carnitina nella dieta può essere un fattore di rischio aterosclerotico.
Per prevenire la formazione di TMAO potrebbe essere utile la somministrazione di antibiotici che eliminano i batteri responsabili della degradazione di carnitina, però la somministrazione di antibiotici tende a ridurre la presenza di batteri saprofiti “buoni” e quindi provocare fenomeni di farmaco resistenza.
Invece l’antibiotico naturale presente nell’aglio (Allicina) può risultare un efficace rimedio per prevenire l’aterosclerosi, preferibilmente se la somministrazione avviene allo stato crudo. Rimane il problema dei rapporti umani compromessi dall’odore dell’aglio emesso con l’alito. Quasi certamente una dieta varia, senza eccessi di carnitina può essere utile per limitare la formazione di TMAO

Miele pregiato da ape nera

Per rendere piacevoli cibi e bevande negli ultimi cinquant’anni il miele è stato trascurato perché il saccarosio puro è di più facile impiego, comodo da trasportare e da conservare, costa meno ed è dotato di un potere dolcificante maggiore a parità di peso.
Le tendenze salutistiche di questi ultimi anni tendono invece a rivalutare il miele perché, mentre il saccarosio ha una composizione standard, il prodotto ottenuto dalle api rivela presenza di vitamine, sali minerali, oligoelementi, sostanze organiche di vario tipo, colori e sapori diversi in base al nettare dei fiori visitati. A disposizione del consumatore oggi ci sono numerose varietà di miele : di acacia, tiglio, castagno, timo, agrumi, rododendro, rosmarino. Infatti l’apicoltura si è diffusa moltissimo e i prodotti dell’alveare sono ricercati nella nutrizione ecologica attuale (fondamentali sono stati i libri dell’austriaco Karl Von Frish, premio Nobel 1973 per la Medicina).
Oggi viene ritenuto raro e pregiato il miele prodotto dall’ape nera sicula, grazie alla purezza genetica di questo insetto di origine nordafricana, sfuggito alle selezioni delle ineluttabili logiche produttive.
I ricercatori G.C. Tenore e A.E. Novellino (Dipartimento di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università Federico II di Napoli) e P.Campiglia (Dipartimento di Farmaceutica e Scienze Biomediche dell’Università di Salerno), analizzando alcuni campioni di miele di ape sicula, hanno evidenziato un’elevata quantità di antiossidanti (oltre il 300 % in più ) rispetto a prodotti analoghi. Inoltre, i 5 monoflora studiati contenevano 13 sostanze antibatteriche e 4 antifungine mai rinvenute in altri mieli.
Le caratteristiche positive dell’ape nera sono state scoperte grazie al Centro di Apicoltura Carlo Amodeo di Termini Imerese (PA) che è riuscito ad identificarla e conservarla in isolamento facendola riprodurre sulle isole di Vulcano, Alicudi e Filicudi, dove oggi produce l’unico miele in purezza di ape sicula. In particolare spiccano 3 mieli di ape nera: quello di mandorlo (chiaro), di carrubo (molto scuro), di nespolo (quasi incolore).
E’ in atto una collaborazione con il Prof. Conte (Facoltà di Agraria- Università di Palermo) per stabilire se l’abbondanza delle sostanze contenute nel miele di api nere, preziose per l’organismo umano, sia totalmente dovuta alla naturale elaborazione dell’ape sicula, o sia anche legata al ciclo del freddo che solo l’Azienda Carlo Amodeo mette in atto da diversi anni.
La particolare docilità dell’ape sicula (Apis mellifera siciliana), abbinata ad altri aspetti del suo sistema produttivo, notevolmente diversi dall’ape “intermissa”, lasciano presupporre che la derivazione genetica dell’ape sicula sul territorio della Sicilia occidentale sia avvenuta successivamente all’era del Miocene (circa 5 milioni di anni fa). In questa parte dell’isola, legata alla placca africana, viveva infatti l’ape sicula maior, mentre nella Sicilia orientale, originariamente legata alla placca asiatica, era presente l’ape sicula minor, di dimensioni più piccole.

Cibi pronti e listeriosi

La listeriosi è una malattia considerata rara (mediamente ha un’incidenza di 4 casi per milione di abitanti), però è caratterizzata da elevati tassi di ricoveri ospedalieri e dal 12,7 % di mortalità. Ecco perché le Autorità Sanitarie Europee hanno redatto protocolli di sorveglianza che prevedono sia l’obbligo di denuncia dei casi di malattia, sia di monitoraggio per la verifica della presenza di L. monocytogenes negli alimenti a rischio, sia per la definizione di limiti massimi consentiti nei prodotti di vendita. La listeria monocytogenes è un batterio ubiquitario (comprende più di 10 specie) che si trova nei suoli e nelle acque, quindi può contaminare verdure e ortaggi, ma può essere veicolato anche dal latte, carni (di animali infetti) e derivati se consumati crudi. Non resiste a temperature superiori a 65° C, per cui la cottura e i trattamenti di pastorizzazione ne provocano la morte. Il problema è di attualità perche è in aumento la tendenza al consumo di cibi crudi (vegetariani e vegani) e il consumo dei cibi pronti (bar, fast-food, aperitivi e buffet). Va tenuto presente anche che è possibile che l’alimento si contamini dopo la trasformazione o dopo il trattamento termico, se le condizioni igieniche o di conservazione non sono state scrupolose: carni fredde vendute nei reparti di gastronomia, salumi, formaggi molli, preparazioni a base di formaggi preparati con latte non pastorizzato, pesce affumicato, carni crude o poco cotte. Secondo Efsa Journal (2015 13 -1- : 3991) per prevenire e limitare la proliferazione della listeria occorre: ** manipolare correttamente gli alimenti e separarli all’interno del frigorifero mantenuto a 5° soprattutto se sono presenti cibi cotti. ** scaldare ad alte temperature i cibi precotti ** lavare coltelli, taglieri e tutte le superfici di lavoro dopo l’uso ** lavare sempre ortaggi e verdure prima del consumo ** far attenzione che i cibi cotti non entrino in contatto con alimenti crudi La listeriosi può manifestarsi inizialmente con i sintomi tipici provocati da patogeni alimentari, anche dopo poche ore dopo il consumo di cibo contaminato: febbre, diarrea, dolori muscolari, ma può assumere forme sistemiche più gravi che si rivelano da 30 a 90 giorni dopo l’ingestione dell’alimento, colpendo il sistema nervoso centrale con emicrania, convulsioni e stati confusionali. Particolarmente a rischio sono le fasce più sensibili di consumatori: donne in gravidanza (può provocare aborti o danni cerebrali al feto), neonati, bambini, anziani, soggetti immunodepressi. Nel 2011 nell’UE sono stati segnalati circa 1470 casi di malattia nell’uomo. Tra il 2012 e il 2013 la crescita è stata dell’8,6 % e, secondo le ultime rilevazioni, non accenna a diminuire.

Nutrizione e salute R. Pellati - Anno 2015 Numero 2

Rivista : Anno 44/Numero 2
Autori/Authors : Pellati R.

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