Anno 41/Numero 1
Consumo di sale: nuove ricerche
Recenti studi hanno dimostrato un’associazione diretta e graduale tra il consumo abituale di sale con la dieta ed il rischio di cancro gastrico. In particolare è stato evidenziato un incremento del 68% per un “alto” consumo e del 41% per un consumo moderatamente alto rispetto ad un consumo abituale basso (Clinical Nutrition 2012 - L. D’Elia - analisi di 270.000 individui in 7 studi prospettici). Il cancro allo stomaco rappresenta approssimativamente il 10% di tutte le morti per cancro, per una cifra di 870.000 morti all’anno in tutto il mondo. In Gran Bretagna circa 1690 delle 7000 morti all’anno per cancro gastrico sono attribuibili all’eccessivo consumo di sale. Il Regno Unito è in questo momento il Paese guida nella riduzione del consumo di sale a livello di popolazione, innanzitutto inducendo i produttori a ridurre la quota di sale non necessaria da essi aggiunta agli alimenti e anche incoraggiando i consumatori a ridurre a loro volta la quota di sale aggiunta agli alimenti in cucina e a tavola. Com’è noto la quota media di sale nella dieta degli italiani si aggira intorno ai 9 g nelle donne e oltre 11 g negli uomini, con valori più alti nei soggetti in sovrappeso e obesi (dati dello studio MINISAL). Anche i pazienti ipertesi afferenti ai Centri per l’ipertensione riconosciuti dalla SIIA (Società Italiana per l’Ipertensione Arteriosa) presentano consumi di sale di poco inferiori (tra 0,5 e 1 g in meno). Una recente meta-analisi degli studi prospettici disponibili ha suggerito che la riduzione del consumo di sale da questi valori alla metà (circa 5 g al giorno) potrebbe ridurre l’incidenza di ictus del 21%, valore che si tradurrebbe in Italia in ben 46.000 eventi in meno ogni anno. Un risultato del genere, ottenibile attraverso una maggiore attenzione all’alimentazione con la riduzione dell’uso del sale in cucina e in tavola e con la scelta di alimenti meno ricchi del cosiddetto “sale nascosto”, costituirebbe un eccezionale contributo alla salute degli italiani, alla loro qualità di vita e alla riduzione della spesa sanitaria, se si pensa alle conseguenze spesso molto invalidanti dell’ictus. Per il quarto anno consecutivo l’impegno per la SALT AWARENESS WEEK (26 Marzo - 1 Aprile 2012) è stato sostenuto dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) e dal GIRCS (Gruppo di lavoro per la riduzione del consumo di sale). La SINU, oltre a raccomandare maggiore attenzione nella preparazione dei pasti (dove è possibile conviene sempre sostituire il sale con aromi e spezie), consiglia di prestare attenzione alle etichette che riportano il contenuto in sodio dei prodotti alimentari confezionati, e di scegliere quelli che contengono meno sale. In realtà, riducendo il consumo di sale in modo graduale e progressivo, la sensibilità gustativa si affina e consente di apprezzare sempre meglio il reale sapore dei cibi. È importante diminuire il consumo di sale eccessivo fin dall’età infantile, promuovendo nel contempo la preferenza per il sale iodato (protezione dal gozzo e altre disfunzioni tiroidee).
I nuovi controlli ufficiali di diossine e PCB negli alimenti
Le diossine costituiscono un gruppo di prodotti chimici (composti aromatici policlorati), non creati intenzionalmente e che hanno struttura, proprietà fisiche e chimiche analoghe. Si formano come prodotti indesiderati dai processi termici di tipo industriale ed i diversi composti che rientrano in questa famiglia sono circa 210, dei quali 17 presentano rischi per la salute, in quanto possono entrare nella catena alimentare e produrre tossicità nei confronti della funzione endocrina, del sistema immunitario e dello sviluppo. In ogni caso, non tutte le diossine presenti nell’ambiente risultano essere biodisponibili, ovvero essere in forma tale da entrare nella catena alimentare e ciò dipende dalle caratteristiche del suolo e delle acque e dalle caratteristiche del contaminante. Il principale meccanismo di ingresso delle diossine nella catena alimentare, risulta essere la deposizione atmosferica in fase di vapore sulle foglie delle piante e, parzialmente sul terreno, ingeriti successivamente dagli animali. Fra gli incidenti alimentari da diossine più rilevanti si possono citare quello avvenuto nel 1998, quando in Francia si riscontrò la contaminazione del latte, burro e formaggi, e nel 1999 in Belgio, quando si verificò una massiccia contaminazione da diossine degli allevamenti di pollame e anche dei prodotti secondari, come le uova. Le diossine si accumulano nei tessuti grassi degli organismi, quindi se erba e suolo contaminati vengono ingeriti dagli animali si verifica un accumulo di queste sostanze nei grassi delle loro carni e nei grassi del latte prodotto. Si può quindi affermare che le diossine sono contaminanti ubiquitari; ciascuno di noi ha accumulato una quantità di diossine più o meno rilevante, in funzione delle abitudini alimentari, dell’ambiente che ci circonda e delle caratteristiche fisiche. Un altro gruppo di prodotti chimici sintetizzati per uso industriale, e che presentano rischi per la salute analoghi a quelli procurati dalle diossine, sono i PCB diossina simili (policlorobifenili). Si tratta di una serie di composti aromatici biciclici e la loro sintesi è stata avviata all’inizio del secolo scorso, difatti sono stati prodotti e commercializzati fin dal 1930, sebbene attualmente in buona parte banditi a causa della loro tossicità e della loro tendenza a bioaccumularsi. A differenza delle diossine, quindi, i PCB sono sostanze chimiche prodotte deliberatamente tramite processi industriali, il loro impiego è stato molto ridotto per legge, ma sono ancora presenti come contaminanti. Sia le diossine che i PCB sono prodotti riconosciuti come tossici sia per l’ambiente che per l’uomo, poiché possono determinare un inquinamento cronico e dar luogo ad emergenze ambientali. Infatti, si possono verificare circostanze in cui vi siano particolari catene alimentari che, attraverso fenomeni di bioaccumulo, portino le concentrazioni a livelli pericolosi anche a fronte di una presenza di inquinanti bassa, o addirittura bassissima, che non comporterebbe rischi immediati e chiaramente identificabili.
Il regolamento UE 1169/2011 sulle informative relative ai prodotti alimentari: le principali novità
Il 22 novembre 2011 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il nuovo Regolamento UE n. 1169/2011 in merito alla “fornitura di informazioni sugli alimenti dei consumatori”. Tale Regolamento ha introdotto molteplici cambiamenti relativi alle indicazioni dei prodotti alimentari, ciò al fine di garantire il diritto dei consumatori a ottenere una corretta informazione riguardo i loro acquisti e, al contempo per permettere alle aziende del relativo comparto di conoscere le regole necessarie per operare correttamente nel mercato. L’obiettivo del Parlamento Europeo e del Consiglio è stato quello di voler riavvicinare le disposizioni nazionali dei singoli Paesi membri. Del pari il 13° considerando del nuovo Regolamento recita: “è necessario stabilire definizioni, principi, requisiti e procedimenti comuni per determinare un quadro di riferimento chiaro e una base comune per le disposizioni dell’Unione e nazionali che disciplinano il settore delle informazioni sugli alimenti”. Al proposito appare significativa l’abrogazione di talune Direttive quali la n. 2000/13 CE e la n. 90/496 CEE, la prima relativa all’etichettatura, alla presentazione dei prodotti alimentari e alla pubblicità, la seconda inerente all’etichettatura nutrizionale. L’analisi del Regolamento, dapprima ha avuto ad oggetto i principi fondanti della nuova normativa. Nel prosieguo, l’attenzione è stata rivolta alla descrizione delle prescrizioni volte alla formulazione delle indicazioni. Indubbia l’importanza dell’introduzione di alcune novità, le più rilevanti delle quali appaiono quelle relative: all’indicazione di origine, alla dichiarazione nutrizionale, alla leggibilità delle indicazioni obbligatorie, nonché alla previsione di maggiori responsabilità per gli operatori. L’armonizzazione delle norme non ha trascurato di disciplinare le indicazioni realizzate su base volontaria che devono essere conformi ai requisiti dettati ai sensi degli articoli 36 e ss del nuovo Regolamento. Risulta pacifico l’intento del legislatore Europeo: garantire la sicurezza del consumatore attraverso una corretta informazione, la quale non può disgiungersi dalla presenza di un’adeguata etichettatura e pubblicità, principali strumenti di promozione e di comunicazione dei prodotti alimentari.
La sfida della sicurezza alimentare: sfamare la crescente popolazione mondiale nonostante le minacce ambientali, economiche e so
L’agricoltura mondiale produce oggi alimenti più che sufficienti a nutrire una popolazione di 7 miliardi di persone. Ciononostante, poco meno di un miliardo di persone soffrono la fame. La sicurezza alimentare è definita come l’accesso fisico ed economico permanente di tutta la popolazione agli alimenti sani e nutrienti di cui necessita per soddisfare i propri fabbisogni e le proprie preferenze alimentari e per condurre una vita sana ed attiva. La sicurezza alimentare è la risultante di quattro elementi, che si debbono realizzare contemporaneamente: (i) disponibilità adeguata di alimenti, (ii) accesso al cibo da parte di tutta la popolazione, (iii) stabilità nel tempo della disponibilità e dell’accesso, e (iv) utilizzazione del cibo. La Dichiarazione del Millennio, adottata nel 2000 dall’ONU impegna a raggiungere entro l’anno 2015 il traguardo di dimezzare la percentuale di persone che sono denutrite. La crescita demografica, il processo di progressiva urbanizzazione della popolazione ed il cambiamento delle diete possono però esacerbare ulteriormente il problema. La sfida sarà quindi quella di soddisfare la domanda globale di alimenti, che nel 2050 sarà del 70% più alta rispetto a quella odierna, sfida che è ulteriormente aggravata dal cambio climatico e dalla erosione delle risorse naturali che forniscono la base per la produzione di alimenti. Le politiche di sicurezza alimentare poggiano su 4 aree prioritarie: (i) aumento degli investimenti in agricoltura; (ii) ampliamento dell’acceso agli alimenti; (iii) miglioramento della governance del commercio mondiale; (iv) aumento sostenibile della produttività.
La quarta opzione politica si basa largamente sull’adozione di innovazione tecnologica e organizzativa in agricoltura.
Abstract
Currently, more than enough food is produced to feed the world’s population of nearly 7 billion inhabitants. However, latest FAO figures indicate that almost one billion people are undernourished in 2010, representing almost 16% of the population in developing countries. Food security exists when all people, at all times, have physical and economic access to sufficient, safe and nutritious food that meets their dietary needs and food preferences for an active and healthy life. A target of the first Millennium Development Goal, adopted by the UN Organization in 2000, is to halve, between 1990 and 2015, the proportion of people who suffer from hunger. There are four dimensions of food security: the availability of food; access to food; utilization of food; and food system stability. For food security objectives to be realised, all four dimensions must be fulfilled simultaneously. Looking to the future, there are also major challenges ahead from the rapidly changing socio-economic environment (increasing world population and urbanization, and dietary changes), climate change and erosion of natural resources. Promoting agriculture in developing countries is the key to achieving food security, and it is essential to act in four ways: to increase investment in agriculture, broaden access to food, improve governance of global trade, and increase productivity while conserving natural resources. The fourth option is largely based on the adoption of technological and organizational innovation in agriculture.
Nutrizione e salute R. Pellati - Anno 2012 Numero 1
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Confronto tra due metodiche impedenziometriche
Obiettivo: Il presente nostro lavoro valuta l’utilizzo dell’impedenziometria nell’intervento dietoterapico sullo stato nutrizionale di pazienti osservati presso il Dipartimento di Scienze Mediche Preventive - Sezione di Igiene, confrontando due diversi impedenziometri (“Akern” e “Cube”) durante il periodo ottobre 2010/ottobre 2011.
Materiali e metodi: Sono stati utilizzati e confrontati due impedenziometri, “Akern”, che rappresenta il gold standard nell’impedenziometria, e “Cube’’, da poco immesso in commercio.
Risultati: I valori di Resistenza e Reattanza misurati dai due strumenti risultano sovrapponibili, ma emergono differenze, nei tre gruppi, al variare dell’IMC per quanto riguarda l’Angolo di fase dei gruppi normopeso e sovrappeso, i valori riscontrati sono sovrapponibili, mentre nel gruppo dei pazienti obesi i valori registrati dal “Cube” sono sovrastimati rispetto all’Akern. Relativamente al Rapporto Na/K, il “Cube” sovrastima, in tutti e tre i gruppi, in modo significativo. Per quanto concerne la Massa cellulare e il BCMI, il “Cube” sottostima nei gruppi di individui normopeso (IMC: 18 - 24,9) e sovrappeso (IMC: 25 - 29,9); mentre, nel gruppo di individui obesi (IMC: > 30), i risultati del “Cube” sono sovrapponibili a quelli dell’Akern.
Conclusioni: L’utilizzo dell’impedenziometria ha permesso di seguire più correttamente lo stato nutrizionale (massa grassa, massa magra, massa cellulare e idratazione) dei pazienti in studio e, al contempo, si è dimostrato uno strumento motivazionale valido, riducendo i casi di drop-out e migliorando la compliance alle prescrizioni dietoterapiche.
Abstract
Objective: This report evaluates the use of Impedance analysis on the nutritional status of patients seen at the Department of Preventive Medical Sciences - Section of Hygiene, comparing two different types of impedance meter (“Akern” and “Cube”).
Materials and Methods: two types of impedance meter were used and compared: “Akern”, which is the gold standard and "Cube'', recently entered the market.
Results: The values of resistance and reactance measured by the two instruments are similar, but you may notice a difference in the values of Na/K ratio, the Cell Mass and BCMI. The values of BMR not be superimposed, with a significant overestimation of the instrument Cube.From the data recorded on the patients examined shows that, although the values of resistance and reactance found to overlap, the “Cube” overestimates the phase angle in the group of obese patients and the ratio Na/K in all three groups of individuals (normal weight, overweight and obesity), and underestimates the cell mass and BCMI normal weight and overweight groups.
Conclusions: The use of impedance analysis allowed to follow more accurately the nutritional status (body fat mass, lean mass, hydration and cell mass) of patients in the study and at the same time, has proven a valuable motivational tool in reducing cases of drop-outs.
Studio sulla contaminazione da metalli in prodotti ittici provenienti dall’area marina di Crotone
L’interesse per gli effetti dell’inquinamento urbano e industriale sul comparto pesca è sempre crescente dal momento che diverse sostanze tossiche derivanti da fonti naturali o antropogeniche sono immesse continuamente nell’ambiente acquatico e pongono tutta una serie di problemi a causa delle loro caratteristiche di alta persistenza, bioaccumulo e biomagnificazione lungo la catena alimentare (Gray, 2002; Papagiannis et al., 2004). Gli elementi in tracce in particolare, possono raggiungere elevate concentrazioni negli organismi marini analogamente agli inquinanti organici persistenti (POPs); le specie acquatiche infatti possono assimilare questi elementi, siano essi essenziali o non essenziali, e accumularli in vari organi. Il grado di accumulo dipende dall’equilibrio tra apporto e eliminazione dal loro organismo (Karadede et al., 2004) per cui la concentrazione mostra enorme variabilità tra i diversi elementi in traccia e tra le varie specie animali (Rainbow, 2007). Vari studi hanno dimostrato che la concentrazione dei metalli nel tessuto muscolare è solitamente inferiore rispetto a quella nel fegato (Papagiannis et al., 2004; Karadede et al. 2004), ma in genere il muscolo è considerate un efficace biomarcatore per la valutazione dell’inquinamento da metalli nei sistemi acquatici (Barak and Mason, 1990; Rashed, 2001) ma soprattutto è utile per la valutazione del rischio per i consumatori di pesce poiché esso rappresenta la parte edibile dei pesci.
I prodotti ittici costituiscono una componente importante della dieta in Italia, soprattutto nelle regioni del sud caratterizzate da lunghe coste; negli ultimi anni però molte aree del Mezzogiorno sono state segnalate come fortemente inquinate, in misura tale da richiedere interventi di bonifica ambientale e un monitoraggio costante. Tra questi luoghi, l’area industriale di Crotone in Calabria è stata inserita tra i Siti di Interesse Nazionale (D.M. 468/01) a causa di una preoccupante contaminazione da metalli (piombo, cadmio, arsenico, rame e zinco) e un’alta incidenza di patologie neoplastiche nei dintorni dell’area industriale (WHO, 2001). Questo sito è costituito dall’area a nord della città di Crotone racchiusa tra le foci dei due fiumi Esaro e Passovecchio e comprendente le due città di Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabria, due insediamenti industriali abbandonati, una discarica municipale e tutta l’area costiera dell’area industriale. Nelle aree intorno agli stabilimenti dismessi sono stati riscontrati elevati livelli di zinco, cadmio e nichel, e l’eventualità che questi inquinanti possano essere immessi nel Mar Ionio ha portato le autorità sanitarie a cercare di stabilire lo stato di contaminazione ambientale da elementi in traccia attraverso la determinazione dei loro livelli nel pesce, giustamente considerato come un valido indicatore per il bio-monitoraggio dell’ambiente marino.
Inoltre, la valutazione della presenza di metalli non essenziali e tossici nei pesci destinati al consumo umano costituisce un rilevante aspetto della sicurezza alimentare, in particolare nel caso di quei metalli (piombo, cadmio e mercurio) per i quali la norma europea ha fissato limiti massimi. (Reg. CE 1881/2006).