Anno 39/Numero 3
Evoluzione della normativa in materia di etichettatura dell’olio di oliva
L’olio d’oliva rappresenta per tradizione alimentare uno dei prodotti fondamentali dell’agricoltura
mediterranea, ma tale denominazione è attribuita a tutti gli oli ottenuti dalla lavorazione delle olive.
Sul territorio comunitario sono infatti presenti tradizioni agricole e pratiche di estrazione e miscelazione molto diverse tra loro che danno origine ad un’ampia varietà di oli; alcuni di essi, inoltre, sono ottenuti mediante miscelazioni di oli comunitari con oli provenienti da Paesi extracomunitari ma queste informazioni non sempre arrivano chiaramente al consumatore. Molti interventi normativi sono stati necessari per la tutela e per la corretta informazione dello stesso, attraverso la distinzione della disciplina della produzione, della circolazione e del consumo dell’olio
di oliva in base alle sue qualità e alle sue caratteristiche essenziali.
Ristorazione collettiva e commerciale: gestione delle diete
Gli stili alimentari nelle moderne società sono in continua evoluzione verso modelli diversi e sempre più innovativi. Di grande rilievo il cosiddetto “consumo fuori casa”, da intendersi come le abitudini e i comportamenti alimentari relativi ad un consumo extradomestico da parte della popolazione.
Il fenomeno legato a spuntini, a pranzi, a cene fuori casa, nonché il ricorrere a piatti già pronti ha subito negli ultimi anni un enorme incremento. La ragione di ciò è da rinvenirsi nelle esigenze di maggiore rapidità e di efficienza legate ai ritmi frenetici della vita quotidiana.
In tempi recenti il settore della ristorazione ha registrato una forte crescita, pertanto sempre di più è stata avvertita l’esigenza di garantire una sicurezza molto alta verso tutti i prodotti agro-alimentari che giungono sulle nostre tavole. Il sistema della sicurezza alimentare, che trova nel Regolamento CE 178/2002 il testo fondatore della più recente legislazione in tale materia, ha per oggetto proprio la tutela della salute dell’uomo e degli animali mediante l’obbligo di circolazione di alimenti e mangimi sani e non nocivi sul mercato. Particolare attenzione deve essere rivolta ad una serie di fattori che possono influire sulla qualità del prodotto, il riferimento è diretto a elementi quali: le origini dell’alimento, i processi produttivi, l’impiego di sostanze nocive o sospette, l’eventuale presenza di allergeni. Ben può affermarsi che la sicurezza e la qualità degli alimenti siano strettamente connesse a fattori, non più solo di tipo consumeristico, ma caratterizzati da una maggiore cura nei confronti dell’aspetto salutare dei prodotti stessi. Sempre maggiormente radicata risulta la consapevolezza che sicurezza alimentare sia patrimonio di tutta la collettività, pertanto al fine di migliorare il comparto dell’intero settore gli operatori sono chiamati ad una cooperazione sinergica e a indirizzare l’azione verso un sistema di tipo preventivo allo scopo di ottimizzare l’intera loro attività. Lo stesso legislatore nel corso del tempo ha modificato il proprio approccio nei riguardi delle tematiche alimentari, passando da una fase puramente repressiva fino a giungere all’elaborazione di un sistema basato sulla prevenzione e sull’analisi del rischio. A riprova di quanto detto la tutela della salute e degli interessi dei consumatori risultano essere due obiettivi a cui l’intero settore della ristorazione deve ispirarsi, ciò è ancora più evidente dalla numerosa attività legislativa, soprattutto Europea, volta al perseguimento dei suddetti obiettivi. L’importanza della ristorazione collettiva e commerciale al fine della promozione di stili di vita salutari è indubbia, poiché oltre a rispondere a varie esigenze sociali attraverso, ad esempio le mense scolastiche, le mense aziendali, le mense ospedaliere o delle case di riposo, nonché l’erogazione di pasti pronti di diversi tipi, ha anche scopo di favorire la conoscenza e l’informazione relative a una corretta alimentazione. Attenta cura, altresì deve rivolgersi ai soggetti affetti da patologie particolari e largamente diffuse che richiedono il rispetto di diete specifiche, ciò nell’ottica di rendere attuabili per tali soggetti le indicazioni dietetiche necessarie per le loro patologie pur consumando i pasti fuori casa.Si osserva che con il temine diete speciali sono da intendere non solo le diete sanitarie ma anche quelle che comportano restrizioni per motivi religiosi-etici, la cui erogazione deve comunque essere garantita agli utenti che le richiedono.
L’articolazione del presente lavoro è stata impostata dapprima esaminando brevemente l’aspetto normativo, poi si è effettuata un’analisi delle tipologie della ristorazione e le loro differenze, per soffermarsi, in seguito sulla gestione delle diete, in particolare di quelle speciali. Dal momento, inoltre che sempre più persone hanno esigenze dietetiche dettate da intolleranze e da allergie si è ritenuto opportuno rivolgere qualche accenno al tema dell’informazione degli allergeni e delle etichette nell’ambito della ristorazione.
Postharvest quality of apricot cultivars in relation to storage period: preliminary results
Le cultivar oggetto della prova sono state: Goldbar® Toyiba e Golstrike® Toyesi, Sweet Cot® Toyuda, Mango Cot® Rutsey, Flavor Cot® Bayoto. Al fine di una valutazione dell’evoluzione qualitativa dei frutti e l’attitudine di queste accessioni alla conservazione frigorifera, i campioni sono stati sottoposti a conservazione di 25 e 30 giorni con due differenti condizioni di temperatura (T1: 0°/1°C, e U.R. 90-95%; T2: 0,5°/0,8°C e U.R. 90-95%). I frutti sono stati posti in sacchetti di polietilene. Questo tipo di imballaggio ha di recente assunto interesse per la conservazione di medio periodo di frutti particolarmente delicati. Al momento della raccolta e alle due uscite dei campioni dalle celle di conservazione sono stati valutati singolarmente 20 frutti campione per ogni accessione considerata. Di ciascun campione di frutti sono stati rilevati i parametri standard di maturazione quali: Consistenza della polpa (kg/cm2), Resisuo Secco Rifrattometrico (°Brix) e Acidità titolabile (meq/l). Dall’analisi dei dati si può affermare che tutte le cultivar prese in considerazione hanno presentato scarsa attitudine alla conservazione.
Pur mantenendo adeguate concentrazioni di zuccheri e acidi, tutte le cultivar hanno evidenziato valori di consistenza della polpa inadeguati per la commercializzazione.
In Apricot culture to develop late blooming cultivars, extend harvest season, improve fruit quality and processing suitability are among the major goals. Short harvesting season, soft fruit flesh, poor quality and flavour are the major problem. In this work, five cultivars have been studied: Goldbar® Toyiba e Golstrike® Toyesi, Sweet Cot® Toyuda, Mango Cot® Rutsey, Flavor Cot® Bayoto. After collection, the samples were weighed and cold stored under two different storage conditions (T1: 0°/1°C, 90-95% relative humidity and T2: 0,5°/0,8°C, 90-95% relative humidity) and every sample was wrapped in plastic packaging. To evaluate the quality of the fruits at 25 and 30 days of storage during post-harvest period, the following parameters were measured: flesh firmness (kg/cm2), total soluble solids content (°Brix), titratable acidity (meq/l). The analysis of the data indicated that the cultivars considered are unsuitable for long storage. All the cultivars maintained high levels of sugars and acids, but have evidenced values of firmness inadequate for the commercialization.
Application of a Functional Mathematical Index (FMI) to Composition of Potato Glycoalkaloids that Predicts Food Quality and Safe
In questo studio viene descritto come l’applicazione di un indice matematico funzionale (IMF) su 59 campioni di patate (coltivate e selvatiche) può aiutare nella scelta delle patate più idonee in base al contenuto di sette glicoalcaloidi strutturalmente differenti. Il valore dell’IMF va da 0.52 (patate con basso potenziale di tossicità) a 2.64 (patate con alto grado di tossicità). Questo indice introduce il concetto di “patata ottimale” usando un’appropriata distanza e N-parametri dimensionali nello spazio. I risultati mostrano che l’analisi matematica della concentrazione dei glicoalcaloidi, con differenti effetti biologici può essere usata per stabilire se una specifica varietà di patata o un suo derivato tecnologico, presenta una qualità e sicurezza d’uso alta, media o bassa. Il principale obbiettivo di questo studio è quello di legare la “qualità chimica” a fattori come crescita, produzione, distribuzione, sia sul processo delle patate che sui suoi prodotti commerciali.
This paper describes the derivation and application of a new functional mathematical index (FMI) that offers a quantitative rating of 59 cultivated and wild potato cultivars in terms of their content of seven structurally different glycoalkaloids. The FMI values range from 0.52 (potato cultivar with predicted low potential toxicity) to 2.64 (potato cultivar with predicted highest toxicity), a five-fold variation from the lowest to the highest value.
The index introduces the concept of an “optimal potato” using appropriate distance and N-dimensional parameter space indices. The results show that a mathematical analysis of the glycoalkaloid content in terms of the experimentally determined balance of concentrations of individual glycoalkaloids with different reported biological effects can be used to establish whether a specific potato variety or processed potato product can be considered of high, medium, or low quality and safety. The main goal is to apply the index to breeding improved potatoes and to link composition and chemical quality with factors in growth, production, distribution, and processing of potatoes and potato products for commercial use.
Indagine sull’impiego dei prodotti dietetici ipoproteici nei pazienti con insufficienza renale cronica
La dieta ipoproteica ha un ruolo centrale nella terapia conservativa dell’insufficienza renale cronica (IRC). L’impiego di prodotti dietetici ipoproteici consente di ridurre l’introito alimentare di proteine a basso valore biologico (pane e pasta) in modo da favorire l’introito di proteine ad alto valore biologico.
Abbiamo studiato il gradimento degli alimenti ipoproteici su un campione di 100 pazienti con IRC afferenti all’Unità Operativa di Scienza dell’Alimentazione e Dietetica dell’Azienda USL di Modena. I pazienti avevano un’età mediana di 70 anni e il 97% di essi era stato trattato od era in trattamento con dieta ipoproteica da 0.6 o 0.8 g proteine/kg peso corporeo ideale/die. Soltanto il 56% dei pazienti riferiva che i prodotti ipoproteici non differiscono “per nulla” o “poco” da quelli usuali e la probabilità di una risposta maggiormente negativa decresceva all’aumentare dell’età. Soltanto il 26% dei pazienti dichiarava però “nulla” o “poca” la sostituibilità dei prodotti normali con quelli ipoproteici. Questo dato è confortante e deve servire da stimolo all’industria per migliorare ulteriormente i prodotti ipoproteici e al dietista per trovare nuovi mezzi per migliorare la compliance.
The low-protein diet has a central role in the management of patients with chronic renal disease (CRD) undergoing conservative treatment. Low-protein foods help to reduce the intake of low-quality proteins and to increase the intake of proteins of high biological value. We studied the satisfaction with low-protein foods in 100 consecutive CRD patients followed at the Unit of Dietetics of the Azienda USL of Modena (Italy). The patients had a median age of 70 years and 97% of them was being treated or had been treated with a low-protein diet containing 0.6 or 0.8 g proteins/kg of ideal body weight/day. Only 56% of the patients declared that low-protein foods do not differ or differ slightly from usual foods and the probability of a more negative answer decreased with increasing age. However, only 26% of patients declared that low-protein foods cannot replace usual foods or can replace them with great difficulty. These findings should stimulate the industry to ameliorate low-protein foods
and dietitians to find new ways to improve compliance with the low-protein diet.
La forza di presa della mano nella valutazione dello stato di nutrizione
La valutazione dello stato di nutrizione utilizza differenti metodiche a seconda degli obiettivi prescelti e del tipo di pazienti/individui d’interesse. In particolare, i metodi funzionali valutano gli effetti dello stato di nutrizione sulla funzionalità dell’organismo (forza muscolare, funzione immunitaria, capacità cognitive ecc.). La misurazione della forza di presa della mano (FPM) esprime la forza volontaria secondaria alla contrazione di numerosi muscoli dell’avambraccio e della mano. È considerata un metodo semplice, rapido e dal costo contenuto per valutare la funzionalità muscolare, che necessita comunque di standardizzazione e dell’acquisizione di una specifica esperienza. Sfortunatamente, da un punto di vista pratico non esiste una procedura standardizzata per la valutazione della FPM in riferimento a emilato su cui effettuare le misure, posizione dell’arto superiore, numero di test, strumento da utilizzare.
Inoltre non sono disponibili valori di riferimento accettati in modo univoco a livello internazionale. La FPM è correlata fisiologicamente a fattori come età, genere e composizione corporea. In nutrizione applicata è considerata come un valido strumento per l’identificazione dei pazienti ospedalizzati a rischio nutrizionale così come un utile indicatore dello stato di nutrizione nella popolazione (specialmente in età geriatrica). In aggiunta, numerosi studi epidemiologici hanno identificato nella FPM un predittore indipendente di mortalità, disabilità, morbosità e durata della degenza ospedaliera. In conclusione, la misura della FPM è una valida metodica per la valutazione della funzionalità muscolare che dovrebbe trovare un più vasto e regolare impiego nella valutazione dello stato di nutrizione.
Methods for assessing nutritional status are utilized depending on both selected goals and the category of individuals/patients to be studied. In particular, functional tests explore the impact of nutritional status on body functions such as muscle function, immune function, cognitive function, etc. The measure of handgrip strength (HGS), which is related to the force of several forearm and hand muscles, is a simple and rapid technique for evaluating muscle function. The equipment is cheap and easy to purchase. Validation and training of the method are necessary, however. Unfortunately, from a practical point of view, there is not a well-established standardized procedure for measuring HGS in physiological or pathological conditions with respect to test position, the number of repetitions, the side to be assessed, the instrument to be used. Furthermore, reference normative data have been published but they are still not unanimously accepted. HGS is related in healthy individuals to a number of factors such as age, gender and body composition. With respect to clinical nutrition the measure of HGS has been demonstrated to be a reliable screening tool in the assessment of nutritional risk in hospitalized patients as well as a useful indicator of nutritional status in the non-hospitalized population (especially elderly people). In addition, several epidemiological studies have indicated that grip strength is a predictor of mortality, disability, complications, and increased length of stay. In conclusion, HGS is a valuable tool for assessing muscle function that should be more regularly used in the evaluation of nutritional status.